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Norme e Tributi Fisco

Le Entrate gettano acqua sul fuoco del redditometro e promettono: le categorie saranno coinvolte

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Questo articolo è stato pubblicato il 29 settembre 2010 alle ore 08:22.

L'agenzia delle Entrate cerca di rassicurare i contribuenti sul redditometro: la discussione è ancora aperta e le categorie saranno coinvolte. È il senso del comunicato stampa diffuso ieri e che riporta la presa di posizione del direttore Attilio Befera sull'argomento. Le categorie apprezzano, ma presentano le loro richieste: niente metodi induttivi, niente svuotamento degli studi di settore, nessuna applicazione "automatica" dei risultati.

Il comunicato del direttore Befera si articola in tre proposizioni: l'attuazione dell'articolo 22 del Dl 78/2010 è ancora in fase di studio; prima dell'emanazione del provvedimento attuativo saranno convocate le parti e ogni anticipazione sul contenuto del provvedimento è «priva di ogni fondamento» (elementi sottolineati sul Sole 24 Ore di ieri, proprio richiamando delle dichiarazioni recenti di Befera). Quanto alle "anticipazioni", alcune in realtà si fondano sul buon senso: per esempio il fatto che il redditometro possa prestarsi anche a un utilizzo "ex post", per favorire una diffusa correttezza nelle dichiarazioni.

Le categorie tuttavia apprendono con favore la rassicurazione, ma tracciano un quadro di richieste che non sembra andare completamente in direzione delle coordinate che finora sono emerse dall'agenzia. Claudio Siciliotti, presidente dell'ordine nazionale dei dottori commercialisti spiega: «Prendo atto con soddisfazione del comunicato dell'agenzia, ma le nostre preoccupazioni restano. Per noi il redditometro deve restare uno strumento di determinazione puntuale del reddito sulla base delle spese effettive, non può essere uno studio di settore per le famiglie». E precisa: «Il redditometro non può basarsi su elementi di stima generalizzati, ma deve essere basato sulle spese puntuali di ciascun individuo».

Nello stesso ordine di idee anche il commento di Marina Calderone, presidente del consiglio nazionale dei consulenti del lavoro: «Perché vi sia un fisco giusto e il prelievo sia accettabile per i contribuenti, le richieste devono essere aderenti alla situazione reale. Non bisogna perciò farsi prendere da derive induttivistiche, perché si potrebbe arrivare a una distorsione della pressione fiscale, soprattutto se il redditometro fosse applicato come parametro fisso, come spesso accade per gli studi di settore».

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Con la nuova versione del redditometro il confronto con gli studi di settore è diventato inevitabile. E così Marino Gabellini, responsabile dell'ufficio fiscale di Confesercenti, afferma: «Il nuovo redditometro non può costituire uno svuotamento degli studi di settore. Quando un soggetto è congruo agli studi, il redditometro non può essere un pretesto per aggirarli. Può costituire un elemento per verificare che sono stati dichiarati dati falsi per gli studi, ma non per ignorare la congruità e la coerenza dei contribuenti». E Antonio Vento, di Confcommercio, ricorda: «Con gli studi il contraddittorio è stata una conquista venuta con il tempo, con il redditometro l'impianto della norma è abbastanza garantista. Occorrerà che gli uffici sappiano adottare in futuro criteri di selettività mirati».

Per Andrea Trevisani, di Confartigianato, tre sono le richieste: «Innanzitutto – afferma – occorre che ci sia una comprensibilità diretta di come si arriva al reddito stimato. Poi che ci sia la consapevolezza che si tratta sempre di un risultato parametrico che va calibrato sul singolo caso. Infine che nel contraddittorio sia data la possibilità di fornire la più ampia prova contraria». E Claudio Carpentieri, di Cna, spiega: «Il redditometro si basa sulle spese e quindi sulla disponibilità di fondi in un certo periodo d'imposta. Il reddito degli autonomi e delle imprese invece è costruito in modo diverso e non c'è un criterio di raccordo».

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