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Norme e Tributi Fisco

Condoni Iva usati contro i contribuenti, appello delle categorie. Marongiu: l'evasione non si combatte così

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Questo articolo è stato pubblicato il 29 ottobre 2010 alle ore 08:14.

Un appello a fermarsi, in attesa che la Corte costituzionale chiarisca la correttezza delle verifiche "postume" sull'Iva condonata nel 2001 e 2002. Per professionisti, artigiani e commercianti i controlli sui contribuenti che avevano regolarizzato le proprie posizioni sulla base della legge 289/02 – poi emendata per i profili Iva dalla Corte Ue e dalla Cassazione – rischiano di produrre più danni che benefici (si veda Il Sole 24 Ore del 28 ottobre e del 27 ottobre).

Evitare la confusione fiscale.Per questo la parola d'ordine è cautela. Spiega Claudio Siciliotti, presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili: «La vicenda dei condoni Iva che si trasformano in autodenunce, laddove sussistono i presupposti quantitativi per l'insorgenza dei profili penali e il conseguente raddoppio dei termini di accertamento stabilito dal decreto Bersani del 2006, è una perfetta esemplificazione dello stato confusionale che caratterizza il nostro sistema fiscale. I contribuenti hanno aderito nel 2002 a un condono che la stessa amministrazione finanziaria sponsorizzava e, proprio per quest'azione diciamo promozionale, sono stati consigliati anche dai loro consulenti fiscali. Ora quella stessa amministrazione finanziaria sembrerebbe volersi approfittare degli spazi creatisi a livello giurisprudenziale e interpretativo per utilizzare il condono come arma contro quei contribuenti medesimi».

La posta in gioco. D'altro canto, se l'agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza intendono seguire il doppio binario del raddoppio dei termini per gli accertamenti (da 4 a 8 anni) e dell'invalidità del condono, dovrebbero e potrebbero "denunciare", in base all'articolo 331 del codice di procedura penale, tutti i soggetti che hanno aderito al condono tombale e all'integrativa semplice (circa un milione) facendo emergere più di 100mila euro. Avrebbero di fronte un'immensa quota di materia imponibile da recuperare. Se – come segnalava la Corte dei conti nel 2008 – la cifra incassata per il condono Iva è stata intorno ai 3 miliardi, tenendo presente che la percentuale da versare per mettersi in regola andava dall'1 al 2%, vuol dire che c'è un monte Iva condonato che va da 150 ai 300 miliardi di euro.

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No all'effetto boomerang. «L'"incertezza" del diritto che ha travolto il condono Iva – sottolinea Andrea Trevisani, direttore delle Politiche fiscali di Confartigianato – sommata a un'aberrante interpretazione dell'articolo 37 del decreto n. 223 del 2006 rischia di essere un boomerang per il sistema delle imprese. Mentre sarebbero sempre auspicabili comportamenti improntati alla massima ragionevolezza da parte dell'Amministrazione finanziaria». Invoca esplicitamente un passo indietro, Claudio Carpentieri, responsabile dell'Ufficio politiche fiscali Cna: «Non si può portare avanti verifiche sulla base di un'interpretazione. Soprattutto se si sta discutendo di una legge dello Stato che concedeva diritti ai cittadini. Si pensi poi al danno personale e irreparabile per i cittadini, causato da una rettifica fiscale, quando la Corte costituzionale potrebbe sancire che la norma contenuta nel decreto Visco-Bersani, che allunga il periodo di prescrizione, non può essere retroattiva».

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