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Questo articolo è stato pubblicato il 25 novembre 2010 alle ore 08:55.
Dalla consulenza alla specializzazione, passando per l'effettivo esercizio della professione. L'approvazione da parte del Senato del disegno di legge sulla riforma dell'avvocatura scioglie molti dei nodi accumulati, altri ne lascia da districare e ne propone di nuovi. Tanto da lasciare pensare a un passaggio alla Camera non certo rituale. Anche perché modifiche sono sollecitate dalle stesse associazioni forensi che pure hanno applaudito al voto di Palazzo Madama. La riforma, dunque, sarà inevitabilmente, al centro del trentesimo congresso nazionale dell'avvocatura che si apre questa mattina a Genova. E l'appuntamento (leggi il programma completo) non sarà certo rituale visto che nella città ligure si daranno appuntamento tutte le anime della professione.
Sul riordino i punti aperti sono molti. Sulla consulenza legale, per esempio, il testo del disegno di legge afferma una sorta di esclusiva a favore degli avvocati, ma, nello stesso tempo, la mitiga con tre esclusioni di peso: a favore di altre categorie per specifiche materie, dei giuristi d'impresa con la possibilità di siglare contratti di lavoro dipendente con oggetto la consulenza anche a vantaggio delle società controllate dalla capogruppo, delle associazioni per i servizi resi agli associati. Previsioni che vengono incontro ad alcune delle preoccupazioni espresse dalle associazioni (Confindustria e Abi, per esempio) e dei giuristi d'impresa rispetto a versione più restrittive che erano state inizialmente discusse. Resta il problema di altre categorie abituate da sempre a considerare parte integrante del rapporto con i clienti la consulenza in materie come il diritto tributario, societario o del lavoro. Varrà per loro l'esclusione dalla riserva oppure ci sarà bisogno di precisazioni?
E ancora. Sulla specializzazione, per la quale il Cnf ha già varato un proprio regolamento, a fare discutere è, in generale, la versione uscita dal Senato e, in particolare, la disciplina del regime transitorio. Le Camere penali sottolineano che «l'esigenza ineludibile di garantire al cittadino un servizio qualificato richiederebbe uno sforzo ulteriore verso un controllo dell'accesso all'esercizio della professione». Nel mirino allora «l'iscrizione all'albo automatica e indiscriminata da parte di ex magistrati e professori universitari». Ma non solo: per i penalisti è specialista chi «ha approfondito una disciplina non solo attraverso lo studio ma attraverso una pratica affinata per un tempo congruo»; per questo «non è davvero ragionevole consentire l'accesso ai percorsi specializzanti, come vuole l'attuale testo, a chi sia iscritto all'albo da un solo anno».