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Questo articolo è stato pubblicato il 04 agosto 2011 alle ore 18:56.

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Per il reato di bancarotta fraudolenta la prescrizione decorre dalla sentenza dichiarativa di fallimento e non dal concordato preventivo. Infatti, anche se sovente si realizza una continuità tra i due procedimenti - entrambi generati dallo stato di insolvenza dell'impresa - le due procedure rimangono sostanzialmente distinte sotto il profilo genetico, sostanziale e processuale. Lo ha stabilito la Corte di cassazione con la sentenza n. 31117 di oggi (si legga il testo integrale su l sito di Guida al diritto) che ha respinto il ricorso proposto dal liquidatore di una impresa di ceramiche fallita, condannato per bancarotta fraudolenta impropria per aver ceduto sottoprezzo ad una società controllante le scorte di magazzino, durante la fase di liquidazione.

Procedure non omologabili
Per la Cassazione, però, se «non può negarsi un nesso funzionale» tra concordato e fallimento ciò «non consente di omologare a tutti gli effetti le due procedure».

Nel concordato l'imprenditore rimane in sella
E questo perché nel primo caso è necessario un decreto con omologa, nel secondo una sentenza, ma soprattutto perché in fase concordataria l'imprenditore «non perde il possesso dell'impresa». Sotto il profilo processuale, poi, «mentre per la bancarotta l'azione penale può essere esercitata anche prima della sentenza dichiarativa di fallimento,[…] questa possibilità non è data per il concordato preventivo». Dunque, in definitiva, per i giudici di Piazza Cavour se in alcuni casi, come per la data che dà avvio al periodo sospetto per l'azione revocatoria, è possibile risalire a ritroso nel tempo per individuare la data saliente, ciò non vale «complessivamente per le masse passive».

No all'assorbimento tra le fasi
Perciò, non scattando «l'assorbimento cronologico» tra fallimento e concordato, «da qui la conclusione che la prescrizione decorre dalla successiva sentenza dichiarativa di fallimento».

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