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Questo articolo è stato pubblicato il 15 novembre 2011 alle ore 06:39.

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Dalla possibilità che i professionisti avranno, dal 1° gennaio 2012, di organizzare la loro attività sotto una qualsiasi forma societaria (e cioè indifferentemente come società di persone, società di capitali o società cooperative), come previsto dalla legge di stabilità 183/2011, deriva il tema della scelta del tipo sociale più adatto al caso specifico della società professionale. E la risposta, inevitabilmente, discende da una combinazione che occorre effettuare tra le caratteristiche delle diverse forme societarie e le peculiarità che debbono presentare le società professionali.
Tutto il discorso andrebbe poi filtrato attraverso la normativa fiscale applicabile, ma qui diamo per scontato che sia consentito a tutte le società professionali, anche se organizzate nella forma della società "commerciale" (e cioè come snc, sas, srl, spa, sapa e cooperative), di determinare il proprio reddito secondo le regole del reddito di lavoro autonomo e quindi con il principio di cassa: e cioè applicando quanto il fisco ha già detto per le "società tra avvocati", disciplinate come società in nome collettivo, e quindi come società "commerciali", dalla loro legge istitutiva (il Dlgs 96/2001), il cui reddito è stato qualificato come reddito di lavoro autonomo dalla risoluzione n. 118 del 28 maggio 2003 delle Entrate. Non c'è ragione di ritenere che il fisco cambi orientamento sul punto in quanto, se così non fosse, si determinerebbe un'inevitabile concorrenza tra studi associati e società semplici da un lato, e tutte le restanti società, che sarebbero invece costrette a determinare il loro reddito con le regole del reddito d'impresa (si veda anche l'articolo riportato sotto).

La società semplice
La società semplice è quella che presenta la maggiore affinità con gli studi professionali associati: anzi, quando c'è stato da decidere quali fossero le regole applicabili ai rapporti tra professionisti associati che non fossero disciplinati dal contratto di associazione professionale, spesso la decisione dei giudici è stata applicare agli studi associati proprio le regole della società semplice.
La società semplice, rispetto alla società in nome collettivo (che ha una normativa pressochè identica a quella della società semplice), è preferibile per gestire lo scottante tema della responsabilità dei soci in ordine alle obbligazioni che fanno capo alla società (contrattuali ed extracontrattuali). È vero che se un socio di società di persone combina un guaio a un cliente, la società ne risponde, ma ha rivalsa sul socio maldestro: tuttavia se costui e la società sono incapienti (o titolari di un patrimonio che solo in parte copra il valore del debito) la conseguenza è che il creditore può soddisfarsi integralmente sul patrimonio di ciascuno degli altri soci illimitatamente responsabili. Ebbene, l'articolo 2267 del Codice civile riporta la regola per la quale delle obbligazioni sociali della società semplice rispondono, oltre che il patrimonio sociale, anche i soci che hanno agito in nome e per conto della società, personalmente e solidalmente tra loro; e che, salvo patto contrario (portato beninteso a conoscenza dei terzi con mezzi idonei) sono gravati da questa responsabilità anche gli altri soci (cioè quelli che non hanno agito in nome e per conto della società). Questa possibile limitazione di responsabilità non è tuttavia prevista dalla disciplina della snc: l'articolo 2291 del codice civile sancisce infatti la responsabilità illimitata di tutti i soci e afferma che l'eventuale patto contrario ha validità meramente interna, e cioè nei rapporti tra i soci, e quindi non è opponibile ai terzi.

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