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Questo articolo è stato pubblicato il 18 dicembre 2013 alle ore 18:24.
L'ultima modifica è del 18 dicembre 2013 alle ore 19:15.

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(Olycom)(Olycom)

di Alberto Annicchiarico
Niente partita Iva per le operazioni di commercio elettronico. Il mezzo passo indietro di governo e maggioranza sulla web-tax a molti non basta. Anzi, qualcuno l'ha già ribattezzata spot-tax perché l'ultima versione del testo riguarda solo spazi pubblicitari online e link sponsorizzati. I critici sostengono che la norma viola i principi Ue ed è a serio rischio infrazione, in particolare riguardo a stabile organizzazione e libertà di circolazione di beni e servizi.

«Invece la correzione in corsa delle scorsa notte - spiega Andrea Pezzi, ex veejay oggi imprenditore e fondatore della videoenciclopedia Ovo - dimostra non solo che in Italia non esistono nemici di Internet ma che anzi finalmente abbiamo una classe dirigente sensibile alle discussioni, quando sono di buon senso, che vengono espresse anche all'interno dei social. Mi piace pensare che il dibattito della Rete abbia influito sulla decisione del presidente della commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia».

«Il cuore della questione, perché di questo mi occupo e per questo mi batto, è il mercato della pubblicità, e in quella parte la legge affronta problemi molto concreti. Io lavoro in Inghilterra con partita Iva inglese e in Italia con partita Iva italiana. Beh potrei fare quello che fanno molti altri, prendere dall'Italia un euro e metterlo in cassaforte alle Cayman. Se non passa la legge, lo dico subito, lascio del tutto l'Italia perché con la situazione di oggi sarei un fesso a restare: ormai i soldi veri si fanno all'estero».

«Questa - si accalora Pezzi - è una legge clamorosamente innovativa, bisogna spiegarla. La cosa fondamentale è che, visto che il web non è uno spazio fisico e tutto il sistema fiscale e tributario del pianeta terra ad oggi è stato pensato per nazioni con dei confini, ripensare completamente le logiche è una necessità. Servono regole nuove perché siamo nel far west. Serve una Magna Charta, bisogna riscrivere tutto da zero».

Gli americani sono furiosi. Nei giorni scorsi l'American Chamber of Commerce, rappresentanza della "Confindustria" Usa, ha alzato la voce. Da Forbes è arrivato un attacco frontale, con un articolo che ha definito la web-tax «illegale».

«Ovvio, gli Stati Uniti difendono comunque le loro aziende e garantiscono competitività sull'estero. Perché pensano che l'economia digitale sia e debba restare cosa loro. Se l'Europa non vuole essere totalmente subalterna deve giocare sul serio, sennò da questa parte di oceano Google o Facebook non nasceranno mai. È pazzo chi non capisce che un sistema di regole è vitale, a questo scopo. E poi lo ha detto perfino Tim Cook, ceo di Apple, che anche il sistema fiscale americano non è adeguato alla rivoluzione digitale. C'è da riflettere, no? ».

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