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Questo articolo è stato pubblicato il 15 maggio 2010 alle ore 13:27.
L'ultima modifica è del 16 maggio 2010 alle ore 18:29.
L'incontro con Kenneth Kaunda è quello con un pezzo importante di storia dell'indipendenza africana. L'anziano eroe dello Zambia è anche una figura emblematica della storia dell'Africa contemporanea. Ma costituisce al tempo stesso un'eccezione. Ha combattuto per l'emancipazione della Rhodesia del nord, ribattezzata Zambia al momento dell'indipendenza nel 1964. Ha conosciuto le carceri della potenza coloniale britannica. Ha assunto il potere in un momento di grandi speranze per il continente: l'affrancamento dal giogo coloniale sembrava promettere un futuro radioso. Figlio di un pastore protestante, docente di professione, l'uomo che in Zambia tutti conoscono come KK è stato, come molti altri leader africani, un autocrate aggrappato al potere.
Al potere più di un quarto di secolo
Lo ha mantenuto in effetti per 27 lunghissimi anni. Oggi Kaunda è uno degli ultimi big-men dell'indipendenza ancora in vita. A differenza di tanti altri, non ha comunque mai assunto le sembianze di un dittatore senza scrupoli o di un satrapo sanguinario. Nella storia dell'indipendenza il suo nome appare accanto a quelli di Kwame Nkrumah (Ghana), Sekou Touré (Guinea Conakry) e Omar Bongo ( Gabon), che detiene il record assoluto poiché è stato presidente per 42 anni. Ma se dovessimo considerare anche le affinità morali e ideologiche il nome di Kaunda lo potremmo associare a pochi altri. In particolare a Julius Nyerere, leader dell'indipendenza della Tanzania con il quale Kaunda assunse la leadership dei paesi della Front Line contro il regime dell'Apartheid in Sudafrica. I due presidenti mantennero sempre una carica morale-ideologica, un misto di marxismo e di cristianesimo che li distinse da molti altri autocrati. Non furono despoti sanguinari e Kaunda in particolare si vanta di esser stato a capo di un paese pacifico. Il suo pacifismo ne fa un leader ancora popolare, anche se non sono in pochi oggi a ricordare le derive nepotistiche del suo regime, impregnato di favoritismi e corruzione.
Sconfitto solo dal voto popolare
KK fu anche molto restio ad aprire il paese al multipartitismo: lo fece solo sotto la pressione internazionale. Ma accettò senza batter ciglio la sconfitta elettorale che pose fine alla sua presidenza. Nel lungo incontro che ci ha concesso, è emersa una figura emblematica di un periodo storico controverso. Idealista, fiero dell'indipendenza, ma poco propenso ad assumersi le responsabilità di un fallimento economico misurabile ancora oggi nell'incapacità dello Zambia di imboccare la strada di uno sviluppo equilibrato: oggi il paese è al 166° posto nell'indice dello sviluppo delle Nazioni Unite, la disoccupazione è endemica malgrado le potenzialità notevoli del paese: grande due volte l'Italia, lo Zambia è ricco di risorse naturali e l'assenza di conflitti tra le 73 etnie, oltre a un livello educativo buono, ne fa, potenzialmente, un paese in grado di costruirsi un futuro migliore.