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Questo articolo è stato pubblicato il 27 maggio 2010 alle ore 13:02.
E' indubbiamente l'allievo prediletto della comunità internazionale e degli organismi multilaterali, come il FMI e la Banca Mondiale. Una crescita "asiatica", una gestione finanziaria esemplare, bilanci trasparenti, corruzione scomparsa o quasi, un'amministrazione efficiente. Il Ruanda piace: sarebbe il modello da seguire. La prova che anche l'Africa può farcela.
Il presidente Paul Kagame, l'ex guerrigliero che liberò il paese dai "génocidaires" hutu, dimostra di essere uno statista capace e autorevole. "Rigoroso, coerente, deciso, affidabile " , non cessano di ripetere gli investitori istituzionali o privati. Dallo sfruttamento controllato del metano nel lago Kivu, alla sanità fino alla scuola, la sua politica si iscrive in effetti in un reale sforzo di promozione del le potenzialità del paese. La strada per un sviluppo durevole è certamente imboccata. A tal punto che il Ruanda agli occhi di molti ritrova quell'aura di "Svizzera dell'Africa" che perse nel terrore della carneficina del 1994.
A 16 anni dal genocidio, nel quale perirono quasi 1 milione di persone, il Ruanda appare un paese ordinato e in crescita. Paul Kagame spinge la sua politica con uno zelo del tutto inedito nel continente nero. A tal punto, ad esempio, che per preservare l'ecosistema, sono messi al bando - e il divieto viene fatto rispettare rigorosamente - i sacchetti di plastica.
Il Ruanda è uno dei rarissimi paesi ad aver raggiunto gli obiettivi del millennio delle Nazioni Unite. Nella nostra molto personale esperienza troviamo anche conferma di quanto la corruzione sia in pratica scomparsa: ricevute, scontrini, trasparenza, tariffe e prezzi ovunque rispettati. Sembra di essere a d anni luce dalla confinante Repubblica Democratica del Congo dove , a tutti i livello, imperversano mazzette e truffe.
Come non incensare dunque questo piccolo (poco più grande della Lombardia) allievo modello che a 16 anni dallo spaventoso genocidio è diventato l'esempio da seguire?
Tuttavia a ben guardare le ombre non mancano. A cominciare da un libertà di espressione e di stampa pesantemente condizionate da un regime autocratico poco propenso ad accettare critiche e contestazioni. Se sul paese soffia il vento dello sviluppo, si sente pure un po' ovunque aria di repressione, con qualche acuto liberticida regolarmente denunciato dalle organizzazioni per i diritti umani. I ruandesi esitano ad esprimersi in modo aperto e sincero. La paura di essere presi di mira dalle autorità è tangibile, Il controllo sociale, dai vertici dello stato fino a villaggi fa pensare a quello cubano.