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Economia Politica economica

Crescita o austerity. Il G-20 cerca una via d'uscita

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Questo articolo è stato pubblicato il 25 giugno 2010 alle ore 08:00.

TORONTO. Alla vigilia del G-20, i mercati finanziari mandano un messaggio chiaro ai capi di stato e di governo, con nuove tensioni sul debito di Grecia e Portogallo, la flessione dell'euro, la caduta delle Borse: la crisi europea non è finita e la ripresa globale non è assicurata. Il G-20 risponderà, secondo le indicazioni uscite dal lavoro degli sherpa, con l'ammissione che la ripresa è «fragile e diseguale» e non c'è spazio per abbassare la guardia.

Ma dovrà trovare una conciliazione non facile fra l'urgenza di risanamento dei conti pubblici, emersa nelle ultime settimane come la priorità dell'Europa, sotto la pressione dei mercati e lo sprone della Germania, e l'attenzione a non strangolare la crescita, come temono gli Stati Uniti. Preoccupazioni acuite dal documento diffuso dalla Federal Reserve, secondo cui l'attività economica resterà sotto traccia ancora a lungo. L'incontro di domani e domenica del G-20, che riunisce i grandi paesi industriali e le nuove potenze emergenti, è preceduto oggi da quello del G-8 nella località lacustre di Muskoka, dove verrà affrontato, anche in un confronto con alcuni paesi africani, il problema degli aiuti ai più poveri del mondo. Mancano 20 miliardi di dollari, secondo Oxfam, rispetto ai 50 promessi nel 2005.

«Evitare gli errori del passato», ha detto ieri il presidente americano, Barack Obama, in un riferimento trasparente alla Grande Depressione, quando restrizioni premature delle politiche economiche precipitarono nuovamente l'economia in recessione. Obama ha incitato i colleghi a «ritrovare lo spirito di Londra», la riunione dell'aprile 2009 quando l'emergenza della crisi favorì l'unità e decisioni importanti. Uno spirito che sarà problematico ricreare a Toronto. Sull'aggiustamento fiscale, Berlino non deflette dalla sua linea. In un'intervista al Wall Street Journal, il cancelliere Angela Merkel ha respinto l'idea che la Germania possa contribuire con maggiore spesa o affidandosi in misura minore all'export. Successivamente ha detto che ci sono «filosofie diverse e controversie» fra i paesi del G-20. Il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, ha negato che l'aggiustamento dei conti possa far deragliare la ripresa.

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Il comunicato del G-20 inviterà a concentrarsi sulla «sostenibilità fiscale» di medio periodo, ma la disputa riguarda i tempi con cui i paesi devono rimettere ordine nei conti. Il consigliere economico di Obama, Larry Summers, ha cercato di minimizzare le divergenze. «Non ho mai visto un'auto con il solo freno o con il solo acceleratore», ha detto. Summers ha parlato di una «strategia per la crescita, che non vuole dire semplicemente aumentare i deficit di bilancio o stampare moneta». Un documento elaborato dal Fondo monetario che verrà presentato al G-20 insiste sull'importanza di riforme strutturali, comprese quelle del mercato del lavoro e dei prodotti, e della spinta della domanda interna, soprattutto nei paesi emergenti. La Cina sembra riuscita a evitare di fare da principale bersaglio delle pressioni dei partner, annunciando la settimana scorsa di lasciar fluttuare di nuovo il cambio e consentirne una modesta rivalutazione.

Sulla politica fiscale, la presidenza canadese punta su una per ora improbabile sintesi che indichi obiettivi ben precisi per il risanamento di bilancio: dimezzare i deficit pubblici entro il 2013 e stabilizzare o ridurre il debito dal 2016, lasciando a ciascuno la scelta dei tempi, secondo una lettera inviata dal primo ministro Stephen Harper ai suoi colleghi. Obiettivi già definiti non sufficientemente ambiziosi dal commissario europeo Olli Rehn.

Una linea comune dovrebbe emergere invece sulla proposta canadese di prolungare fino al 2013 l'impegno a non prendere misure protezionistiche, contando invece sulla ripresa del commercio, che quest'anno è tornato a crescere dopo il crollo del 2009, per rilanciare l'economia. Impegno a buon mercato, visto che dopo averne sotoscritto uno analogo a Washington a fine 2008, quasi tutti i membri del G-20 hanno poi adottato provvedimenti di restrizione degli scambi, anche se di portata limitata.

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