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«Un mare d'acqua dalla campagna ci ha tolto tutto» Storie di imprenditori dal cuore dell'emergenza

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Questo articolo è stato pubblicato il 08 novembre 2010 alle ore 21:31.

La comunità e il sistema produttivo del Veneto hanno subito danni durissimi dal maltempo di questi giorni che, dopo il miglioramento del pomeriggio, dovrebbe tornare nei prossimi giorni. Secondo Confindustria Padova, che ha appoggiato la proposta del governatore Luca Zaia di versare gli acconti Ires e Irpef di fine novembre e quello Ici di metà dicembre direttamente nelle casse del Commissariato per l'alluvione, sono un'ottantina le imprese più colpite. Mandateci le vostre storie a questo indirizzo.

Un fronte d'acqua impetuoso, alto circa trenta centimetri, ha inondato la zona artigianale di Bovolenta, in provincia di Padova, in meno di 25 minuti. «A mezza notte e dieci è arrivato un mare d'acqua dalla campagna confinante. Una scena che purtroppo non scorderò mai, facevamo fatica a metterci in salvo, a camminare». A parlare è Angelo Magagna, titolare de La Giulia Group e New Mamir, due aziende di Bovolenta specializzate in fusioni e accessori per tende e strutture. Quella sera Angelo era lì con i suoi due fratelli e il padre a cercare di salvare l'azienda di famiglia. La zona è quella artigianale di via Padova, dove al centro della strada l'acqua è arrivata fino a 2 metri e mezzo di altezza. Dentro i tre stabilimenti di proprietà della famiglia ha toccato il metro e sessanta centimetri.

«Alla mattina del due novembre mi avevano chiamato gli operai del primo turno per avvisarmi che c'erano i carabinieri e i vigili del fuoco – racconta l'imprenditore veneto -. Erano venuti ad avvisare del rischio allagamento. Ci dissero che sarebbero arrivati i sacchi di sabbia, ci avevano parlato di 30-40 centimetri d'acqua lenta... La sabbia non arrivava, l'abbiamo fatta arrivare da alcuni fornitori amici, abbiamo alzato qualche macchinario su casse da 80 centimetri e ci siamo preparati al peggio». Tutto questo però non è bastato: alle dieci e mezza di quella sera la famiglia è tornata agli stabilimenti, in allerta per i continui avvertimenti, e dopo poche ore il peggio era già stato fatto. «È arrivato tutto in pochissimi minuti – racconta Magagna -. L'intera zona artigianale è più bassa del livello della strada, è come una fossa in cui si è riversata tutta l'acqua. Ci ha messo un lampo, non ne è rimasto fuori nessuno». L'onda anomala ha scardinato porte, rovesciato tavoli e letteralmente ricoperto i macchinari che erano stati innalzati. Non si è salvato niente su un totale di 6mila metri quadri coperti di proprietà della famiglia Magagna.

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La mattina dopo l'acqua continuava ad arrivare, l'argine rotto è stato tamponato solamente dopo giorni. Le idrovore hanno faticato per ore, alcune non funzionavano, altre pompe sono state donate da contadini amici di famiglia. «L'ultima goccia l'hanno tolta oggi pomeriggio alle 15, ci hanno messo quasi sette giorni – conclude il titolare -. È danneggiato tutto, è rimasta solo una spaventosa montagna di terriccio e detriti». Una stima dei danni è stata richiesta dal sindaco: «L'abbiamo fatta ancora quando c'erano due metri d'acqua dentro gli stabilimenti, senza renderci veramente conto di quello che era successo – spiegano – e abbiamo calcolato oltre i 2milioni di euro». I macchinari sono tutti fuori uso, si è salvato solamente parte del magazzino scaffalato sopra il metro e ottanta. Impianti e quadri elettrici sono finiti sott'acqua. Le due aziende di Bovolenta, insieme, fatturano circa 3,5 milioni di euro all'anno. I quaranta dipendenti sono stati messi in cassaintegrazione e l'attività per il momento resta chiusa.

«Ora cominceremo a pulire, ma vorremmo capire se arriva qualche aiuto – conclude l'imprenditore -, altrimenti sarà dura ripartire. Abbiamo già mutui in corso, abbiamo già ipotecato quello che potevamo, è impensabile ripartire solo con le nostre forse. Per i macchinari servono soldi, così come per aggiustare gli impianti elettrici». La memoria va all'alluvione del 1992, quando La Giulia Gruop fu invasa da circa 50 centimetri d'acqua. «All'epoca ci avevno dato 4 milioni di lire a fronte di circa 100 milioni di danni. Allora siamo riusciti a ripartire, ma oggi è impensabile. Abbiamo bisogno di aiuti concreti e garanzie, è peggio che partire da zero. Altrimenti dovremo lasciare a casa 40 operai, che vuol dire quaranta famiglie senza lavoro».

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