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La procura indaga sul mercato dei deputati. I possibili scenari del dopo fiducia

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Questo articolo è stato pubblicato il 10 dicembre 2010 alle ore 12:53.

Per la maggioranza l'equazione che disegna il futuro è piuttosto semplice: o fiducia o elezioni. E pochi giorni fa uno dei coordinatori del Pdl, Ignazio La Russa, si è abilmente sottratto alla domanda su cosa potrebbe succedere se Berlusconi dovesse prevalere alla Camera con numeri particolarmente risicati. «Ogni giorno ha la sua pena - ha scherzato il ministro della Difesa - e comunque questa domanda andrebbe posta al presidente Silvio Berlusconi». In vista dello show-down di martedì il Sole24ore.com prova a rispondere all'interrogativo.

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Intanto la guerra tra i due prosegue anche a colpi di dichiarazioni. Nella serata di venerdì Silvio Berlusconi è intervenuto telefonicamente a Bolzano nel corso di un evento organizzato dalla deputata Micaela Biancofiore e ha dichiarato: «Chi voterà la sfiducia al governo non sarà mai più nel centrodestra». Il premier poi si è detto convinto che «diverse persone» di Fli «avranno un rigurgito di ragionevolezza e si asterranno». All'attacco anche Gianfranco Fini che, parlando davanti agli studenti di un liceo molisano, ha detto: «Da oggi comincia il calciomercato». E poi ha bacchettato il governo che «ha fatto molto bene nel contenere la spesa ma purtroppo non ha messo in campo nessuna politica per far ripartire la crescita». Insomma nessun segno di cedimento, ma non tutti gli scenari gli sono favorevoli. Ecco cosa potrebbe succedere.

Il governo ottiene la fiducia al Senato ma non alla Camera. È lo scenario paventato dal terzo polo che è convinto di avere i numeri a Montecitorio per mandare sotto la maggioranza e costringere Berlusconi alla resa. Per ora il pallottoliere segna 313 sì certi per la sfiducia e 310 no, ma la campagna acquisti agguerritissima del Pdl portata avanti dai coordinatori, Denis Verdini su tutti, rende difficile qualsiasi previsione. Anche perché l'area degli incerti si va allargando e per ora cresce a scapito dei deputati che avevano garantito il loro sostegno alla sfiducia e che ora cambiano bandiera. Se i numeri comunque fossero questi Berlusconi avrebbe perso il match, ma la valutazione sul post-voto spetterebbe comunque al capo dello Stato che dovrebbe decidere tra le elezioni o un nuovo governo. Uno scenario, quest'ultimo, che il Pdl contrasterebbe cercando di far valere i numeri raccolti in Senato.

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Il governo centra l'obiettivo sia a Montecitorio che a palazzo Madama.Berlusconi è convinto da giorni che sarà questo il risultato finale sul tabellone del Parlamento e la campagna acquisti dei suoi lo conforta in questo senso. Se le previsioni del premier fossero confermate sarebbe comunque una maggioranza risicata (assai improbabile infatti che i numeri siano larghi) e dunque una vittoria soprattutto simbolica che non renderebbe certo più semplice il cammino dell'esecutivo. Ma poco importa. A quel punto il premier potrebbe negoziare un accordo con Fini e i suoi da una posizione di forza, anche lavorando a un allargamento della maggioranza come chiesto dall'ex leader di An. Il tutto, però, partendo da un dato cruciale politicamente: la sconfitta definitiva del presidente della Camera.

Il governo perde in entrambi i rami del Parlamento. Sarebbe l'esito peggiore per il Cavaliere che, in effetti, non ha finora contemplato l'ipotesi di una sconfitta a palazzo Madama dove i numeri gli garantiscono una certa sicurezza. Vero è che, anche al Senato, non mancano i mal di pancia dentro la maggioranza che potrebbero materializzarsi in vista del voto. Se così fosse il duplice ko renderebbe difficile la strada di un reincarico a Berlusconi e anche in questo caso la decisione finale spetterebbe al capo dello Stato. Con l'unica certezza che, al pari dello scenario precedente, Pdl e Lega osteggerebbero qualsiasi governo alternativo e spingerebbero per tornare davanti agli elettori.

Berlusconi si dimette prima del voto. A sentire i fedelissimi del premier questo scenario appartiene per ora alla fantapolitica perché il Cavaliere non ha alcuna intenzione di fare un passo indietro come gli chiedono tutti dall'altra parte, dai finiani al Pd. Ma se, spiazzando ogni previsione, il premier decidesse davvero di dimettersi si allargherebbero le possibili vie del dopo-dimissioni. Il capo dello stato potrebbe infatti a questo punto muoversi tra tre strade: verificare l'esistenza di una nuova maggioranza parlamentare con una figura istituzionale cui dare l'incarico, pieno o esplorativo, per un nuovo governo; valutare un nuovo incarico allo stesso Berlusconi, fallito il quale si andrebbe alle elezioni; sciogliere le Camere anticipatamente e portare direttamente il paese al voto.

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