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Economia Aziende

Al Sud benzina verde a 1,5 euro

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Questo articolo è stato pubblicato il 28 dicembre 2010 alle ore 08:32.

Il ministro dello Sviluppo, Paolo Romani, ha comunicato che la deduzione fiscale (il bonus fiscale) per gli esercenti dei distributori di carburante, pari a 24 milioni di euro per il 2011, è stata inserita nel decreto Milleproroghe. È stato quindi scongiurato il possibile sciopero di fine anno dei benzinai, ma resta alta la tensione su prezzi dei carburanti per autotrazione e del gasolio per riscaldamento. Nella giornata di ieri, infatti, secondo l'indagine di Quotidiano Energia, in alcuni impianti del sud Italia la benzina ha toccato 1,5 euro al litro e il gasolio 1,38 euro, mentre i prezzi medi si sono assestati intorno a 1,47 euro/litro per la "verde" e a 1,35 euro per il carburante per motori diesel.

Il Sole 24 Ore ha cercato di analizzare le cause dei maxi rincari. Secondo l'Unione petrolifera, «va anzitutto rilevato che, come sempre accade, i rincari sono la conseguenza dell'andamento dei mercati petroliferi internazionali tornati a crescere sensibilmente senza apparente motivo, almeno dal punto di vista dei fondamentali. Molto è per effetto della speculazione finanziaria che amplifica i movimenti. È un fenomeno che però non riguarda solo l'Italia ma l'Europa intera, dove nel corso dell'ultima settimana i prezzi sono aumentati più che da noi (vedi ad esempio in Francia e Germania). Lo prova lo stacco con l'Europa che è oggi tra i più bassi degli ultimi tempi (2,5 centesimi euro/litro contro una media degli ultimi tre anni di 3,5 centesimi). Va anche detto - prosegue l'Up – che rispetto ai prezzi consigliati di cui si legge, esistono migliaia di impianti tradizionali che offrono prezzi inferiori di 7-8 centesimi grazie a sconti e promozioni. Anche con il solo self service si può risparmiare qualcosa. Il consumatore ha un'ampia possibilità di scelta per poter pagare meno il carburante. Lo invitiamo perciò a guardarsi intorno e premiare così gli impianti più "virtuosi"».

Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, ci ha spiegato in dettaglio i diversi pesi che gravano sul prezzo del greggio e, in seguito, su quello dei carburanti al distributore. «I recenti aumenti sono derivati dall'aspettativa di ripresa dell'economia mondiale ed americana. Gioca molto anche la finanza: le banche d'affari stanno infatti facendo molti investimenti, comperando future delle società che operano nel settore del petrolio. Inoltre, per quanto riguarda il gasolio per riscaldamento, conta anche l'ondata di freddo che sta colpendo l'emisfero Nord del pianeta: d'inverno, il gasolio per riscaldamento raggiunge il 20% della domanda complessiva di derivati del petrolio.

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Consideriamo inoltre che – continua Tabarelli – se in Europa e in Italia sono scesi i consumi di carburanti, questo non è assolutamente accaduto in Cina, che ormai consuma il 10% del petrolio mondiale».
Tabarelli spiega le componenti che influiscono sul prezzo finale del greggio e su quello dei carburanti alla pompa: «Il costo di estrazione, nei paesi del golfo Persico (Arabia Saudita, Iran, Iraq, Kuwait..., che hanno circa il 70% delle riserve mondiali) è tra i 5 e i 10 dollari al barile. E, in generale, non c'è goccia di petrolio che, all'estrazione, costi più di 20 dollari al barile. Il resto sono profitti. Volendoli dividere, su un costo ipotetico al barile di 90 dollari, consideriamo appunto 10 dollari di costo alla produzione, a cui vanno aggiunti 15 dollari di profitti delle compagnie internazionali e 65 dollari di profitti dei paesi produttori.

Per arrivare al prezzo finale al consumatore – prosegue – occorre aggiungere circa 2 dollari per il trasporto dai paesi produttori fino all'Italia (per esempio, al porto di Genova), 10 dollari circa per il trasferimento da Genova all'impianto di raffinazione (nel nostro esempio, a Sannazzaro de' Burgondi in Lomellina). Aggiungiamo ancora altri 10 euro per i costi di raffinazione e per il trasferimento al consumatore finale, divisi più o meno in parti uguali. Restano da aggiungere – conclude Tabarelli – per arrivare al prezzo finale, circa 95 dollari di tasse applicate dai paesi consumatori su ogni singolo barile di petrolio». E per il futuro? «Voglio essere controcorrente: nei primi mesi del 2011 mi aspetto una flessione dei prezzi dovuta a un eccesso di offerta, anche se per ora il clima è rialzista».

Stempera un po' i toni Goffredo Galeazzi, direttore responsabile di Staffetta Quotidiana. «I prezzi indicativi non tengono conto di sconti e promozioni. In pratica, esiste una effettiva concorrenza, con differenze di prezzo che, tra pompa e pompa, possono raggiungere anche i 10 centesimi. Il problema vero è che chi va a fare benzina, spesso il prezzo non lo guarda: se si fa attenzione, i risparmi possibili su un pieno possono arrivare anche a quasi due euro».

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