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Mubarak in tv: non mi ricandido ma morirò in questa terra. ElBaradei: non ascolta il popolo

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Questo articolo è stato pubblicato il 01 febbraio 2011 alle ore 09:00.

«Io non mi candiderò alle prossime elezioni perché ho passato troppo tempo al servizio di questo paese, ma voglio concludere il mio lavoro nei prossimi mesi facendo sì che ci sia una transizione pacifica». Queste le parole del presidente egiziano, Hosni Mubarak, nell'atteso discorso alla nazione. «Morirò in questa terra. La gente scompare ma l'Egitto resterà e la sua bandiera continuerà a sventolare per sempre», ha aggiunto il rais del Cairo, insistendo sulla necessità di proteggere la stabilità del paese e di ripristinare la sicurezza.

Il discorso alla nazione è arrivato al termine di un'altra giornata intensa in Egitto. In tutto il centro del Cairo, piazza Tahrir compresa, i manifestanti anti Mubarak per le strade hanno raggiunto quota due milioni. Migliaia di persone hanno affollato le strade di Alessandra, Ismailia, Suez e nel Sinai. Lo riferiscono fonti locali. A migliaia, dai 30 ai 50 mila, dicono i testimoni, anche nelle città dell'alto Egitto. L'aeroporto del Cairo, preso d'assalto nei giorni scorsi da stranieri che volevano lasciare il paese, si sta svuotando. Lo riferiscono fonti aeroportuali spiegando che nella giornata di oggi partiranno 85 voli di varie compagnie aeree e 38 dell'Egyptair che sospenderà le proprie attività a partire dalle 17 di oggi fino alle 10 di domani mattina.

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L'esercito non userà la forza contro i manifestanti
In piazza Tahrir si nota ancora la presenza dei mezzi militari pesanti, che osservano il lento afflusso di persone, che già si contano a migliaia. In un comunicato ufficiale le forze armate hanno scritto di ritenere «legittime» le richieste dei manifestanti facendo sapere che non useranno la forza contro di loro.

Appello agli Usa di ElBaradei, «uscita onorevole» per Mubarak
Intanto, il principale leader dell'opposizione, Mohamed El Baradei ha invitato oò presidente egiziano attraverso la tv satellitare al Arabiya di andarsene entro venerdì.
In un'intervista al giornale britannico The Independent lo stesso ElBaradei aveva dichiarato che se il presidente «vuole davvero salvare la propria pelle, farebbe meglio ad andarsene».

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E ha anche aggiunto: «Quando un regime ritira completamente la polizia dalle strade del Cairo, quando ci sono degli infiltrati nelle rivolte dispiegati per dare l'impressione che senza Mubarak il Paese è destinato al caos, tutto questo è reato. Se vuole salvare la pelle è meglio che se ne vada». In un'altra intervista alla Cnn ha anche fatto appello ad una revisione della politica di Washington: «È necessario che inizi a costruire la fiducia con la gente, non con chi opprime la gente». Anche se poi alla tv satellitare al Hurra ElBaradei ha detto di volere una «uscita onorevole» per il presidente.

Mubarak prova a restare in sella
Accerchiato dall'opposizione e criticato, se non scaricato, dalla comunità internazionale, il presidente egiziano si è affidato ai generali, in procinto di abbandonarlo al suo destino, e ha giocato le ultime carte a sua disposizione: un rimpasto di governo e l'apertura al dialogo. Da ultimo ha incaricato il neo vicepresidente Omar Suleiman di aprire «immediate trattative con tutte le forze di opposizione per avviare un dialogo sulle riforme costituzionali e legislative». Il vicepresidente ha aggiunto che il governo intende affrontare «prima possibile le priorità come la lotta alla disoccupazione, alla povertà e alla corruzione e raggiungere l'equilibrio tra i salari e i prezzi».

L'esercito solidale con i manifestanti
I generali vedono ormai il rais come un ostacolo e cercano di mantenere l'immagine di affidabilità e credibilità conquistata nel corso degli anni. Ieri un generale era andato in tv a leggere una dichiarazione scritta con cui ha affermato che l'esercito non sparerà mai sui dimostranti e diversi militari sono scesi in piazza. Hosni Mubarak, per il momento, sembra avere i giorni contati.

Google: Twitter via telefono per aggirare la censura
I collegamenti internet restano bloccati in tutto il Paese, l'ultimo fornitore d'accesso ancora in funzione, il gruppo Noor, è stato bloccato ieri. Il colosso americano Google ha annunciato di aver messo a punto con Twitter un sistema che consente di inviare tweet senza necessità di collegarsi al web: si chiama un numero di telefono, si pronuncia la frase, un software la traduce e la manda automaticamente in rete. Stop anche ai treni, nel tentativo del governo di limitare l'afflusso di manifestanti al Cairo.

Il bilancio del commissario delle Nazioni Unite
Intanto arrivano altre stime sul bilancio di morti e feriti dall'inizio delle proteste. l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Navi Pillay ha parlato di trecento morti , chiarendo comunque che il bilancio è ricavato da «rapporti non confermati».

I Fratelli musulmani: non vogliamo un «emirato islamico»
I Fratelli musulmani egiziani assicurano che non intendono fondare un «emirato islamico» nell'Egitto post Mubarak. Lo ha detto il portavoce del movimento islamico, Essam Eryan, in un'intervista all'Ansa.

Standard & Poor's taglierà il rating
Dopo Moody's anche l'agenzia Standard & Poor's ha annunciato di voler abbassare di un gradino il rating dell'Egitto dopo le rivolte contro il presidente Mubarak. Il giudizio sul merito di credito dell'Egitto passerà così da «BB+» a «BB», con un outlook negativo. Nei giorni scorsi l'agenzia Moody's aveva tagliato il rating del Cairo portandolo a «Ba2».

General Motors, Daimler e Bmw hanno infine deciso di fermare la produzione negli stabilimenti in Egitto in attesa che la situazione si chiarisca. Daimler richiamerà i dipendenti mandati a lavorare nel paese, poche decine di persone, mentre ha fermato già la produzione da ieri. Le sue attività di commercializzazione sono completamente bloccate dalla scorsa settimana. Le linee di produzione in Egitto sono state fermate anche dalla Bmw, che nel Paese ha assemblato come produzione finale 1.900 auto della Serie 3, 5 e 7 e Suv X1 e X3. La casa di Monaco ha solo due collaboratori che devono rimpatriare con le loro
famiglie. Volkswagen ha fermato le esportazioni dei suoi modelli in Egitto, dove non produce localmente, dopo avere già bloccato quelle dirette in Tunisia a seguito delle recenti rivolte nel Paese.

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