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Questo articolo è stato pubblicato il 26 febbraio 2011 alle ore 09:34.
«Nessuno canterà né ballerà con te finché non sarai morto»: la risposta di un gruppo di giovani oppositori all'ultima, surreale apparizione di Muammar Gheddafi arriva con la rapidità di Twitter. Si spara nei quartieri di Tripoli, al termine della preghiera del venerdì, è impossibile calcolare il numero delle vittime ma ormai il controllo del raìs inizia a sgretolarsi anche nella capitale. Eppure lui compare sulle antiche mura, sono le sette di sera; si rivolge ai sostenitori convocati nella Piazza Verde e lancia la sua sfida: «Possiamo schiacciare qualunque nemico. Quando sarà necessario, apriremo gli arsenali per armare il popolo e le tribù. Questo è il popolo che ha messo l'Italia in ginocchio». Gheddafi lancia baci, scuote il pugno, davanti a lui la gente sventola le bandiere verdi, promette di seguirlo mentre lui esorta drammatico: «Siate pronti a combattere per la Libia! Siate pronti a lottare con dignità! Siate pronti a combattere per il petrolio! Dovete danzare, cantare, prepararvi. Muammar Gheddafi è con voi!».
Lungo la catena di rivolte nordafricane il venerdì ha assunto ormai un significato simbolico che va al di là della religione: è il giorno della caduta del tunisino Ben Alì, dell'egiziano Mubarak. «Anche Gheddafi cadrà questo venerdì», si sente dire a Bengasi, come racconta - in un altro tweet - l'inviato della Cnn. Da Bengasi, culla della rivolta nella Libia ormai considerata feudo dei ribelli, parla Tareq Saad al-Hussein, uno dei sette colonnelli che hanno preso il comando della rivolta: «Abbiamo un piano per far cadere Tripoli - ha detto al Wall Street Journal - non ci fermeremo finché non avremo liberato tutto il paese».
È stato proprio al-Hussein - insieme al leader della rivolta di Tobruk, generale Suleiman Mahmud al-Obeidi - a contattare le grandi aziende internazionali presenti in Libia: al-Hussein e al-Obeidi fanno parte dell'élite civile e militare libica che sta discutendo la formazione di un consiglio direttivo che, deposto Gheddafi, assumerebbe la gestione del paese. Al raìs viene rivolto un avvertimento: «Se si consegna a noi avrà un processo regolare», hanno detto i due uomini ai loro interlocutori, lasciando intendere la diversa sorte di un Gheddafi in mano a bande irregolari di rivoltosi.