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Questo articolo è stato pubblicato il 17 marzo 2011 alle ore 06:38.

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Bossoli abbandonate dai ribelli nei pressi della città di Ajdabiya all'arrivo delle truppe governative (Reuters)Bossoli abbandonate dai ribelli nei pressi della città di Ajdabiya all'arrivo delle truppe governative (Reuters)

Pressione diplomatica per un immediato cessate il fuoco e attuazione di una no-fly zone adottata dall'Onu e implementata dalla Nato. La posizione dell'Italia è chiara, e nettamente distinta dalla Francia – favorevole ad un'azione militare più decisa – e dalla Germania, che al vertice di Parigi ha bocciato il blocco aereo. Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, all'indomani del G-8 ha ribadito che il governo in Libia si oppone a ogni «azione unilaterale di tipo militare» che non abbia il via libera del Consiglio di Sicurezza in «un quadro di legittimazione regionale».

Posizione che ha ribadito ieri nel vertice interministeriale a Palazzo Chigi riunito per affrontare i temi legati alla crisi libica e alle sue ripercussioni sulla delicata questione dell'immigrazione e degli sbarchi sulle coste dell'Italia. Un vertice al quale hanno preso parte molti ministri tra i quali Maroni, La Russa, Frattini, Sacconi, Tremonti, Alfano, Romani, Matteoli e il sottosegretario Letta.

All'incontro, che ha anticipato il vertice che oggi lo stesso ministro degli Interni Maroni avrà a Bruxelles con il commissario Ue, Cecilia Malmström (l'intervento europeo sul dossier è stato giudicato «non soddisfacente») hanno preso parte anche i vertici dei servizi di sicurezza e il capo di stato maggiore della Difesa, generale Biagio Abrate. Una nuova riunione dovrebbe svolgersi mercoledì, alla vigilia del Consiglio europeo di Bruxelles.

L'Italia al momento sta gradualmente riducendo la presenza diplomatica a Tripoli, e si stanno intensificando i contatti con il Consiglio nazionale di Bengasi per favorire una soluzione del dopo-Gheddafi che coinvolga Onu, Unione Africana e Lega Araba, in un dialogo inter-tribale che tagli fuori il Colonnello. Accanto a questo Frattini sollecita l'avvio di un pattugliamento marittimo Nato, d'intesa con la Ue, per la lotta al traffico d'armi destinate al regime di Gheddafi, e l'attivazione di un corridoio umanitario per le popolazioni profughe. Inoltre l'Italia sta facendo pressione sui paesi africani confinanti con la Libia da cui arrivano i mercenari e buona parte dei rifornimenti. Di questi temi Frattini ieri sera ha parlato con il segretario di stato americano Hillary Clinton.

Su fronte immigrazione si registra un dato nuovo fornito dal ministro dell'Interno: fino a ieri, 16 marzo, sono arrivati sulle coste italiane 11.285 clandestini, tutti dalla Tunisia. Si tratta di un «afflusso significativo» se confrontato ai 4.406 clandestini sbarcati in tutto il 2010. «Temo che siamo solo all'inizio» ha detto il responsabile del Viminale alla Camera. Lampedusa è ormai al collasso e, per far fronte all'ondata di sbarchi, il governo ha dato via libera all'allestimento di una grande tendopoli, mentre venerdì aprirà il centro per richiedenti asilo di Mineo, nel catanese. «L'Europa deve prepararsi all'emergenza di un esodo dalla Libia», ha detto il sottosegretario agli Esteri, Stefania Craxi, ieri a Lampedusa. E ieri alla Farnesina si è tenuto il quarto incontro annuale Mae-Banca d'Italia, aperto da Frattini e dal governatore Mario Draghi, dove si è fatto il punto sulla collaborazione tra le due istituzioni.

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