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Questo articolo è stato pubblicato il 18 marzo 2011 alle ore 08:07.
WASHINGTON - Gli Stati Uniti hanno ottenuto ieri il passaggio di una risoluzione storica contro la Libia al Consiglio di sicurezza dell'Onu. Con una maggioranza di 10 voti e l'astensione di cinque paesi, tra cui Cina e Russia, l'Onu ha autorizzato l'uso di tutte le misure necessarie, inclusa la no fly zone, per proteggere da subito la popolazione civile in Libia.
In nottata il vice-ministro degli Esteri libico Khaled Kaaim ha detto in una conferenza stampa a Tripoli che il suo governo è pronto a osservare un cessate il fuoco, ma che resta in attesa di dettagli tecnici dopo la risoluzione approvata ieri sera dal Consiglio di sicurezza dell'Onu.
La risoluzione premia la pazienza di Barack Obama, deciso a non condurre operazioni militari senza l'autorizzazione della comunità internazionale. Come ci ha detto un funzionario del dipartimento di Stato, «quel che conta è la maggioranza, è molto raro che in queste situazioni ci sia l'unanimità, la comunità internazionale ha votato, la nostra posizione resta invariata: Gheddafi se ne deve andare». La risoluzione prevede una no-fly zone da applicare su tutto il territorio e su tutti i voli, inclusi quelli umanitari; la protezione dei civili, da subito, a Bengasi; il rafforzamento dell'embargo d'armi, ma escludendo esplicitamente una «forza occupante» in Libia.
Subito dopo il passaggio della risoluzione, fonti della Casa Bianca hanno detto che un'azione militare, in particolare nel'area di Bengasi, potrà essere avviata nel momento più opportuno, non escluse le prime ore dell'alba di venerdì (ora italiana).
«Gli Stati Uniti si sentiranno autorizzati a partecipare con la comunità internazionale all'applicazione della risoluzione» ci ha detto ieri un alto funzionario del dipartimento di Stato «e ci aspettiamo che tutti inclusa l'Italia, facciano la loro parte». Ieri sera il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi si è riunito con il ministro della Difesa Ignazio La Russa e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta per discutere sulla situazione alla luce della risoluzione Onu sulla no-fly zone. Del consulto è stato informato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
La reazione di Gheddafi sarà imprevedibile, ma gli americani sono ora pronti all'intervento proprio per evitare che la controffensiva del Colonnello si trasformi in una ecatombe. Obama è stato coerente con la linea impostata dalla sua amministrazione. Al dipartimento di Stato ci hanno detto che un'azione franco-britannica (ieri i due paesi si sono detti pronti a raid aerei con un via libera Onu) sarebbe vista di buon occhio, con un appoggio americano «ma perché l'azione abbia signficato dovrà essere quanto più internazionale possibile».
All'Italia non viene chiesto solo di partecipare alle operazioni militari attive, ma di svolgere un ruolo molto importante nella fase della ricostruzione. Il funzionario del dipartimento di Stato ha osservato che finora il nostro paese ha giocato un ruolo chiave: «Noi manchiamo dalla Libia da troppi anni – ha detto - in pochi conoscono la Libia come gli italiani, sia per le relazioni personali politiche e di affari. I diplomatici italiani ci hanno dato una finestra di grande valore su realtà così importanti in questo momento, per questo ci siamo sentiti tanto spesso».
Ma il dipartimento di Stato guarda già oltre, guarda al dopo referendum egiziano di questo fine settimana e al dopo elezioni in Tunisia, con un ruolo italiano proiettato sul Maghreb per contribuire anche a far sì che le giovani democrazie possano crescere solidamente: «E c'è solo un modo – continua il funzionario – far sì che ci siano flussi di investimenti, di scambi commerciali per emancipare questi paesi che nella maggior parte dei casi sono rimasti chiusi alle opportunità della globalizzazione». Il funzionario ha anche sottolineato che questo è nell'interesse italiano per evitare ondate di immigrazioni clandestine. E ha confermato che c'è un rischio che Gheddafi torni al terrorismo se si dovesse salvare.
Di Italia ha parlato ieri anche il ministro del Petrolio libico, che ha citato lo speciale rapporto con l'Eni: Paolo Scaroni - ha detto Shukri Ghanem - è un «buon amico», l'Eni è una delle «più importanti compagnie» e i contratti sottoscritti «verranno onorati».
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