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Questo articolo è stato pubblicato il 18 marzo 2011 alle ore 09:19.

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Il reattore n.3 di FukushimaIl reattore n.3 di Fukushima

È cominciato il raffreddamento d'emergenza. L'acqua rovente nel nòcciolo è stata fatta ricircolare nel radiatore del serbatoio di raffreddamento, in modo da rinfrescarla.
Per un'ora, dopo il terremoto, è continuato il raffreddamento del vessel.
La tenuta complessiva di questo raffreddamento d'emergenza è fra le 6 e le 8 ore. Poi si calda anche l'acqua di raffreddamento, arriva a 100 gradi, e non riesce più a sottrarre calore dall'acqua del nòcciolo.
Poi è arrivato lo zunami.

Due ore decisive
Lo zunami ha spazzato i due motori diesel che stavano alimentando i servizi della centrale di Fukushima e in particolare il raffreddamento del nòcciolo.
Per due ore, nel vessel la temperatura è salita e l'uranio ha cominciato a friggere.
L'acqua, a bollire, scendendo di livello e trasformandosi in vapore a pressione sempre più alta.
Con ogni probabilità, in quelle due ore è cominciata la fusione parziale dell'uranio del reattore 1 (il primo a dare problemi) e nei reattori 2 e 3. Cioè, si è fuso in parte, forse solamente all'interno delle barre e non sulla superficie, l'uranio rimasto scoperto dall'acqua.
Quelle due ore sono state decisive.

Torna la corrente
Con allacciamenti d'emergenza, dopo due ore è stata ripristinata l'alimentazione elettrica. Ma ormai i nòccioli erano troppo caldi per essere raffreddati con il circuito di sicurezza.
Questo è stato il momento cruciale.
Qui, l'errore della Tepco che ha portato alle conseguenze di questi giorni.
Ma prima di spiegare l'errore, ecco come è continuata la sequenza degli avvenimenti.

Il raffreddamento ad alta pressione
Il reattore dispone di quattro sistemi di raffreddamento d'emergenza. È si è arrivati a dover provare il quarto, quello ad alta pressione.
Ci sono nel reattore degli iniettori che spruzzano all'interno una doccia di acqua fredda. Altissima pressione.
Ma per quanto alta sia la pressione degli iniettori, quella dentro ai vessel è più alta. E gli iniettori non iniettano.

Scaricare il vapore
Per questo motivo già da sabato la Tepco ha cominciato a chiedere l'autorizzazione all'autorità di sicurezza nucleare per potere scaricare in atmosfera libera il vapore radioattivo dall'interno del vessel.
Con gli effetti esplosivi notati all'esterno, a causa dell'idrogeno, sintomo certo di fusione del nòcciolo.
L'obiettivo dello scarico di vapore è alleggerire la pressione e consentire agli spruzzatori di spruzzare acqua fresca all'interno.

Nuovo vapore
Però appena la pressione del vapore all'interno del reattore scendeva per lo sfiato in atmosfera, al calo di pressione subito l'acqua si rimetteva a bollire e a creare nuovo vapore, riportando la pressione ai livelli di prima.
Anzi, a livelli superiori.
Perché a ogni sfiato, il vapore in uscita faceva scendere sempre di più il livello dell'acqua, scoprendo porzioni sempre più alte di barre di uranio e aumentando così il calore nel vessel.
Inoltre, dopo le prime esplosioni di idrogeno (ma come? con la "marmitta catalitica" al palladio l'idrogeno non dovrebbe esplodere), si è provato a sfiatare più lentamente. Niente da fare. Uno spurgo più lento produceva ugualmente le esplosioni e faceva formare nuovo vapore nel vessel.

Effetti degli scoppi
Gli scoppi hanno peggiorato la situazione, scoperchiando la parte "industriale" leggera dei reattori e mettendo allo scoperto zone pericolose degli impianti, come le "piscine" di deposito delle barre usate di combustibile.
Non a caso la nuova tendenza ingegneristica sta realizzando l'area del combustibile usato in un edificio separato da quello del reattore.
Soprattutto, gli scoppi hanno sconnesso le giunzioni ermetiche tra il contenimento secondario e il vessel che vi è incastrato.

Raffreddamento esterno
Così sono stati sospesi gli sfiati di vapore. La pressione non cala. Per cercare di raffreddare il nòcciolo viene pompata acqua fredda di mare.
Non dentro al vessel, ovviamente. Lì, la pressione è altissima e non entra niente. L'acqua di mare viene pompata nell'intercapedine tra il secondo contenimento e l'uovo d'acciaio, il modo da raffreddarne il guscio.

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