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Questo articolo è stato pubblicato il 23 marzo 2011 alle ore 08:15.

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Mentre la comunità internazionale cerca faticosamente di sciogliere il nodo del comando delle operazioni militari, in Libia la battaglia continua. E le notizie più significative arrivano dal cielo sopra Bengasi: qui, stando all'emittente televisiva al-Jazeera, aerei della coalizione occidentale hanno attaccato un velivolo militare delle forze fedeli a Muammar Gheddafi, diretto al capoluogo della Cirenaica; e non lontano da Bengasi, nella notte tra lunedì e ieri, è caduto un caccia americano, sembra per un guasto meccanico. «Con tutta probabilità la causa è stata un guasto e non il fuoco nemico», ha dichiarato Vince Crawley, portavoce di Africom, il comando statunitense per l'Africa.


L'aereo, un F-15 Eagle di stanza in Inghilterra, era decollato dalla base italiana di Aviano alle 22.30 di lunedì, diretto a colpire un sito missilistico di Gheddafi. I due membri dell'equipaggio - il pilota e l'ufficiale addetto agli armamenti - si sono salvati dopo aver azionato il sistema di espulsione, e si trovano ora entrambi «al sicuro al di fuori della Libia» hanno riferito fonti ufficiali del Pentagono. L'ufficiale addetto agli armamenti è stato soccorso dai ribelli. Il pilota - localizzato con il contributo britannico - è stato recuperato quattro ore dopo l'incidente dagli americani mediante un Osprey, un apparecchio ibrido in grado di volare sia come un elicottero sia come un aereo, decollato dalla portaerei Kearsarge, che si trova al largo delle coste libiche, e nel giro di pochi minuti è stato portato in salvo. Secondo l'edizione online del Daily Telegraph, il quotidiano che per primo ha dato la notizia, durante l'operazione di salvataggio sei civili libici sono stati feriti. Poco dopo, le forze armate statunitensi hanno smentito la notizia: «Posso negare che sia successo al 100%», ha dichiarato il capitano Richard Ulsh, portavoce dei marines statunitensi, aggiungendo che «nessun colpo è stato sparato».


Intanto continua l'offensiva delle truppe fedeli a Gheddafi in alcune città chiave. A Ovest nuovi attacchi a Misurata, terza città libica, dove ai 40 di lunedì si sarebbero aggiunti altri morti, tra cui tre o quattro bambini, e pesanti bombardamenti su Zenten, dove stando ai residenti sarebbero rimaste uccise almeno dieci persone; a Yafran, 130 chilometri a sudovest di Tripoli, gli abitanti denunciano nove vittime. A Est la battaglia cruciale appare quella di Ajdabiya, bastione degli insorti contro cui si sono concentrati gli attacchi di Gheddafi nei giorni scorsi e dove ieri i ribelli hanno riguadagnato posizioni.

I raid aerei della coalizione, peraltro in calo con il raggiungimento dei primi obiettivi («la forza aerea di Gheddafi è stata fortemente indebolita» ha dichiarato ieri l'ammiraglio americano Samuel Locklear, responsabile dell'operazione Odissey Dawn), si concentrano soprattutto nelle ore notturne: tra lunedì e ieri è stato pesantemente colpito il porto militare di Tripoli, ieri sera nella capitale sono state sentite diverse esplosioni ed è entrata di nuovo in azione la contraerea. Nei bombardamenti su Tripoli, tra l'altro, secondo al-Jazeera sarebbe stato ucciso il comandante di uno dei principali battaglioni fedeli al regime di Gheddafi, Hussein al-Warfali.

Ieri si è registrata la prima missione francese sulla Libia con il coinvolgimento della portaerei Charles de Gaulle, da cui sono decollati due caccia Rafale per operazioni di ricognizione. E Parigi, per bocca del colonnello Thierry Burkhard, portavoce delle Forze armate francesi, annuncia che da oggi potrebbe estendere le proprie operazioni militari al di là dell'area circostante Bengasi. Ma le operazioni militari alleate rischiano di arenarsi di fronte al rischio crescente di vittime civili: ieri i piloti dei caccia canadesi hanno rinunciato a bombardare un aerodromo proprio per questo motivo. E anche lo stato maggiore francese conferma il pericolo: «Non so se si tratti di scudi umani - ha dichiarato ieri un portavoce - ma alcuni obiettivi non sono stati colpiti per rischi collaterali».
Intanto, con l'aggravarsi e il perdurare del conflitto, le agenzie internazionali, Unchcr e Croce rossa in testa, lanciano l'allarme umanitario su carenza di cibo e medicine.
Mi.Pi.

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