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Questo articolo è stato pubblicato il 27 marzo 2011 alle ore 14:32.

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I ribelli festeggiano la conquista di Ben Jawad. Marzo 27, 2011 (AFP)I ribelli festeggiano la conquista di Ben Jawad. Marzo 27, 2011 (AFP)

Il regime libico, invece, continua a chiedere la fine dei raid e una riunione urgente del Consiglio di sicurezza Onu. Per il portavoce del governo, Mussa Ibrahim, gli attacchi aerei della coalizione hanno ucciso soldati e civili lungo la strada tra Ajdabiya e Sirte: «Continuano a pieno ritmo. Stiamo perdendo molte vite, soldati e civili». In serata, gli aerei della coalizione hanno lanciato un raid aereo contro obiettivi proprio a Sirte. In città si sono udite due forti esplosioni. Sono state sei le esplosioni avvertite a Tripoli.

Il passaggio di consegne

Il passaggio di consegne completo tra la coalizione dei volenterosi e la Nato sarà formalmente ufficializzato alla conferenza del «gruppo di contatto» martedi a Londra, tra i rappresentanti dei paesi che partecipano alle operazioni, alla quale parteciperà anche il segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen. A comando delle operazioni ci sarà il generale canadese Charles Bouchard. Il centro di comando sarà nella base di Napoli.

La Nato non rifornirà armi ai ribelli. Il segretario alla difesa britannico Liam Fox, intervistato a Bruxelles dalla Bbc, ha smentito indiscrezioni riportate dal Washington Post. C'è un embargo delle armi contro tutto il territorio della Libia e noi -ha detto Fox «dobbiamo accettarlo».

Sulla possibilità di raid aerei contro bersagli a terra - così come condotti dalla coalizione dei volenterosi - i paesi dell'Alleanza si erano divisi. La Turchia in particolare aveva chiesto lo stop di tutti i raid prima del passaggio del comando alla Nato della no fly-zone. L'interdizione dei voli sarà totale e «imparziale», e riguarderà tutti gli aerei non autorizzati, sia gli aerei delle forze di Gheddafi che quelli dei ribelli.

Il piano italo-tedesco
Si pensa a un piano italo-tedesco per uscire dalla crisi libica. La proposta potrebbe essere formalizzata già martedì. Ad annunciarlo il ministro degli Esteri, Franco Frattini: «Abbiamo un piano e vedremo se si potrà tradurre in una proposta italo-tedesca. Magari da elaborare in un documento congiunto da presentare martedì». A Londra è previsto, infatti, un incontro allargato a cui parteciperanno i ministri degli Esteri di 35 Paesi ma anche il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, e il presidente dell'Unione africana, Jean Ping. Anche la Santa Sede sarà presente, in qualità di osservatore: a rappresentarla il Nunzio apostolico in Gran Bretagna, monsignor Antonio Mennini.

Il piano punta a comprendere un cessate-il fuoco monitorato dall'Onu e un corridoio umanitario permamente, a cui il governo italiano sta già lavorando con il governo turco. Quanto al destino di Gheddafi, Frattini ha ricordato che «dopo che tutta l'Europa e l'Onu hanno ripetuto che il Colonnello non è un interlocutore accettabile, non si può pensare ad una soluzione che contempli la sua permanenza al potere».«Chiaro -ha aggiunto- altra cosa è pensare a un esilio per Gheddafi, l'Unione africana si è già fatta carico di trovare una soluzione»; anche perchè, osserva, «anche nel suo regime c'è già chi sta lavorando per favorire all'interno questa via d'uscita».

In Libia, malgrado l'intervento militare della coalizione, è certamente necessario «continuare a proteggere la popolazione civile».Ha aggiunto poi Franco Frattini in un'intervista telefonica alla trasmissione Domenica Cinque. «Le truppe italiane sono lì e partecipano con la missione navale e la missione aerea, ma la nostra finalità ultima è davvero il dopo-Gheddafi. È garantire alla popolazione libica la possibilità di vivere finalmente senza paura del regime e delle rappresaglie». Se Gheddafi accettasse un cessate-il-fuoco, ha concluso il ministro degli Esteri, lo «farebbero certamente anche» i ribelli. «Abbiamo parlato, l'ho fatto personalmente, con il capo dell'opposizione di Gheddafi, che sta a Bengasi - ha proseguito il titolare della Farnesina - loro fanno un'opposizione per cambiare il Paese e prospettare un futuro di democrazia e di diritti. Dobbiamo scommettere su questo, non possiamo dire in partenza che non accadrà. Ecco perchè io credo che sia indispensabile una soluzione politica, garantire il cessate-il-fuoco da entrambe le parti, ma pensare anche a un percorso di riconciliazione nazionale. La Libia è fatta da un tessuto tribale, che deve essere coinvolto: non possiamo pensare di ridare a Gheddafi lo scettro del potere, questo proprio no».

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