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Questo articolo è stato pubblicato il 17 aprile 2011 alle ore 08:11.

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WASHINGTON. «Grecia, Irlanda e Portogallo stanno lavorando. Hanno come interlocutori il Fondo monetario, la Bce, la comunità europea, hanno formulato dei piani di risanamento. E questo basta. Il resto, sono idee». Taglia corto Mario Draghi, interpellato sulla difficoltà di curare i problemi finanziari dei tre malati d'Europa nella sua qualità di presidente del Financial stability board, durante la conferenza stampa dell'organismo che riunisce tutti i regulator dei Paesi del G-20. Ma il governatore della Banca d'Italia è tranquillo e lascia intendere che all'origine della recente impennata degli spread vi sono state delle parole inopportune, quelle del ministro dell'Economia tedesco Wolfgang Schäuble: «Se voi considerate il momento in cui gli spread hanno cominciato a salire - osserva infatti – vedete che vi sono state dichiarazioni pubbliche che mettevano in dubbio la natura dei salvataggi».

La conferenza stampa di ieri serviva per spiegare i terreni sui quali il Financial stability board ha avuto disco verde dal G-20, a cominciare dal potenziamento della sua governance e delle risorse a disposizione, in considerazione dei compiti crescenti che è chiamato ad affrontare: il G-20 ha infatti chiesto all'Fsb di presentare un progetto formalizzato in tal senso entro il mese di luglio. Per questo, il governatore non si è dilungato a rispondere a chi si informava su questioni squisitamente domestiche, chiedendo se dall'ultimo Bollettino della Banca d'Italia si potesse desumere o no l'esigenza di una manovra da 35 miliardi nel biennio 2013-2014. «I dati» contenuti nel Bollettino, si è limitato a precisare, «sono gli stessi del documento del Tesoro e da lì vedete se serve o meno».

Invece, Draghi ha fornito l'agenda dei prossimi passi del Fsb per la riforma del sistema finanziario: in particolare ha spiegato che entro la metà del prossimo mese di luglio saranno definiti i criteri per arrivare a determinare il primo drappello di Global Sifi (banche a rilevanza sistemica di raggio globale) e anche la soglia aggiuntiva di capitale richiesta per mettere queste banche in grado di assorbire le perdite (si parla di un requisito aggiuntivo di capitale pari al 2% degli attivi ponderati per il rischio). Sarà inoltre avviata una consultazione con l'industria finanziaria su questo tema e anche uno studio d'impatto macroeconomico. Il governatore ha in ogni caso avvertito che in questa fase è ancora prematuro parlare sia dell'entità della soglia che del numero delle Global Sifi (è noto che su questo terreno esistono punti di vista molto diversi sui due lati dell'Atlantico, con gli Stati Uniti che ritengono che la sola definizione di una lista possa contribuire ad accrescere il moral hazard e i francesi che invece vorrebbero una lista ampia.

Fra i vari temi di attenzione, oltre ai "troppo grandi per fallire" restano i prodotti derivati over-the-counter. Su quest'ultimo fronte, ha spiegato Draghi, «molto lavoro è stato fatto ma si rischia di non rispettare la scadenza del 2012 se i Paesi non prenderanno le misure adeguate. Ci sono delle incongruenze nell'attuazione delle norme che vanno riconciliate. Noi stiamo insistendo su una stretta collaborazione per evitare l'arbitraggio. Non c'è ragione di essere pessimisti ma c'è del lavoro da fare».

Infine, a chi si informava sulle prospettive delle banche europee Draghi ha risposto che in Europa le banche «si potrebbero dividere in due categorie, quelle che possono aumentare il capitale e quelle che non possono». «Le banche che possono aumentare il capitale - ha aggiunto – o lo stanno facendo o lo faranno a breve, entro un anno, in ottemperanza della riforma di Basilea III». Quelle che invece non possono aumentare il capitale si trovano in questa situazione «o a causa di modelli di business sbagliati, oppure a causa della loro esposizione ai rischi sovrani», cioè sui titoli di Stato dei loro Paesi.

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