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Questo articolo è stato pubblicato il 26 aprile 2011 alle ore 07:44.

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Schengen «avvelena» Italia-FranciaSchengen «avvelena» Italia-Francia

Tutto è pronto per il vertice bilaterale italo-francese. Ma solo sulla carta perché è difficile immaginare che dalle fibrillazioni delle ultime settimane su intervento in Libia e immigrati tunisini si passi a una piena riconciliazione tra Roma e Parigi ora, tuttavia, più vicine dopo il maggiore impegno militare italiano in Libia e le ultime notizie sul sostegno francese alla candidatura di Mario Draghi alla Bce.

Le diplomazie hanno concordato (non senza difficoltà) i testi dei due documenti che dovrebbero essere sottoscritti questa mattina a Villa Madama dal premier italiano, Silvio Berlusconi e dal presidente francese, Nicolas Sarkozy. Il primo sarà accompagnato dai ministri degli Esteri, Franco Frattini, da quello dell'Interno, Roberto Maroni, e da quello dell'Economia, Giulio Tremonti. Il secondo avrà al seguito il primo ministro, Francois Fillon, il ministro degli Esteri, Alain Juppe, quello dell'Interno, Claude Gueant e quella dell'Economia, Christine Lagard. Il quotidiano "Le Monde" scriveva ieri che «raramente i due Paesi sono stati così distanti». E un consigliere di Sarkozy, Henri Guaino, aggiungeva che la linea di Roma sui tunisini «crea un problema» perché «lo spazio di Schengen non significa che ognuno fa quello che vuole e scarica i suoi problemi sugli altri».

Questo primo documento dovrebbe prendere la forma di una lettera inviata al presidente della Commissione Ue, José Manuel Durao Barroso, e al presidente del Consiglio europeo, Hermann Van Rompuy, su immigrazione e modifiche a Schengen. Tre i punti cardine della missiva: 1) rafforzamento degli aiuti ai Paesi terzi a cominciare dalla Tunisia per ottenere un controllo dei flussi irregolari di migranti; 2) maggiore solidarietà finanziaria da parte degli altri Stati membri a quei Paesi colpiti da flussi eccezionali; 3) maggiori poteri e risorse finanziarie a Frontex, una politica comune di asilo e rafforzamento della governance di Schengen in vista della riforma per la quale è attesa, il 4 maggio, la prima comunicazione della Commissione al Consiglio Ue.

La lettera dovrà anche contenere valutazioni sull'interpretazione di Schengen che potranno scaturire solo dall'incontro tra il ministro dell'Interno Roberto Maroni e il collega francese Claude Gueant. L'invio o meno della lettera dipenderà, tuttavia, da un'intesa sui punti tecnici anche se un accordo "empirico" è già stato trovato. La Francia, dopo il blocco dei treni a Ventimiglia per "motivi di ordine pubblico", sta ora riconoscendo la compatibilità dei nostri permessi temporanei con le regole di Schengen ma si riserva il diritto di effettuare controlli mirati e a campione su tutto il territorio francese ed espellere quei migranti privi di documenti validi e senza mezzi di sostentamento.

Il secondo documento riguarda "Mediterraneo e crisi libica" e si va ad intersecare con la riunione del gruppo di contatto sulla Libia che si terrà alla Farnesina il 5 maggio prossimo. Dopo la decisione di ieri sera del governo italiano (vista con favore da Parigi) più che mai si rileva che una soluzione alla crisi vada trovata facendo uscire di scena il colonnello Gheddafi. Tra le azioni da intrapredere nel pieno rispetto della risoluzione 1973 delle Nazioni Unite la difesa dei civili e il sostegno al Consiglio Nazionale Transitorio (Cnt). Un punto dell'accordo cita anche il ruolo che "monitoring team" (in pratica addestratori) dei Paesi dell'Alleanza svolgano sul terreno per migliorare le capacità belliche degli insorti. Rinviato al 5 maggio, invece, il problema di come dare sostegno finanziario agli insorti: scongelando depositi libici anche in banche italiane e utilizzando i proventi delle esportazioni petrolifere. Berlusconi e Sarkozy rilanciano anche l'idea di un piano eccezionale (finanziato forse dalla Bei) per circa 10 miliardi di euro a favore dello sviluppo nei Paesi della sponda Sud del Mediterraneo usciti dalle rivoluzioni di primavera.

Sul fronte economico Berlusconi e Sarkozy non potranno che compiacersi dell'eccellente integrazione tra i sistemi di impresa italiano e francese (30 miliardi di investimenti francesi in Italia e altrettanti italiani in Francia). E il premier italiano non potrà che ringraziare Sarkozy per l'appoggio alla candidatura Draghi per la Bce. Poche le tensioni sulla "campagna d'Italia" delle aziende francesi che una norma antiscalate di Tremonti vorrebbe frenare. Non dovrebbero essere discussi, tuttavia, casi specifici come l'investimento del 29% in Parmalat di Lactalis che sta sbarrando la strada alla cordata italiana guidata da San Paolo Imi e Cassa Depositi e prestiti, la scalata Lvhm su Bulgari o l'interesse di Groupama per Fonsai.

Per quanto riguarda Edison proprio oggi l'assemblea del gruppo di Foro Bonaparte dovrebbe decretare l'uscita di scena dell'ad, Umberto Quadrino, che verrà sostituito dal francese Bruno Lescoeur. Edf, insieme a Delmi, ha oggi il 61% di Edison. Se il 15 settembre Edison ed Edf troveranno un accordo il patto verrà riconfermato per tre anni. Altrimenti il 61% verrà messo all'asta. Se l'offerta Edf-Delmi sarà la migliore non ci sarà possibilità di rilancio. Altrimenti, in caso di un'offerta migliore Edf e Delmi potranno rilanciare fino al 5%. Poche le tensioni previste sul nucleare dopo l'accordo del vertice dell'anno scorso che prevedeva l'utilizzo da parte di Enel di quattro reattori francesi Areva con tecnologia Epr. Dopo la moratoria decisa dall'Italia a seguito dell'incidente in Giappone tutto verrà congelato per due anni ma non ci saranno danni economici perché non sono previste penali. L'Enel continuerà, invece, con il suo 12,5%, a collaborare con Edf nella costruzione del nuovo reattore di Flamanville.

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