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Questo articolo è stato pubblicato il 22 maggio 2011 alle ore 08:11.

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ROMA - Lo spread tra il rendimento dei BTp e dei Bund tedeschi decennali è il più noto tra gli indicatori che misurano il gradimento o la disaffezione del mercato nei confronti del rischio-Italia. Ma non è l'unico differenziale con questo forte valore segnaletico. La crisi del debito sovrano europeo ha fatto emergere un altro spread, monitorato da vicino da investitori, traders e strategist: il gap tra il rendimento dei titoli di stato spagnoli e quelli italiani, dove l'Italia è il paese "core", il sistema forte.

Il costo della raccolta di Italia e Spagna, prima della crisi, era allineato: i tassi spagnoli in rare occasioni scendevano addirittura sotto a quelli italiani. Ora la situazione si è capovolta, i bond spagnoli rendono parecchio più di quelli italiani e le ultime turbolenze per il timore di ristrutturazione del debito greco hanno allargato ancora di più questo divario. A marzo il differenziale tra Bonos e BTp decennali era di 40 centesimi (0,40%), ora oscilla tra 70 e 80. E sulla durata a due anni, lo spread venerdì sera ha chiuso a 67 centesimi.

L'Italia per il mercato ha dunque una solidità che l'avvicina al gruppo degli stati "core" con il massimo rating "AAA" e la tiene separata dall'eurozona periferica composta da Spagna, Grecia, Portogallo e Irlanda. La nuova ondata di contagio, che potrebbe essere provocata dalla ristrutturazione del debito greco, per il mercato rischia di colpire per primo il Portogallo, poi l'Irlanda e a seguire la Spagna. Di vere preoccupazioni sul fronte dell'affidabilità dell'Italia-debitrice, nonostante il debito-Pil elevatissimo già al 119% punti verso il 120% prima di tornare a calare, finora non ne sono state percepite. Il Tesoro di via Venti Settembre è il più grande emittente di titoli di stato in euro, a colpi di 20 miliardi alla settimana, eppure tutte le aste dei BTp, CcT, CTz e BoT dall'inizio della crisi sono state assegnate senza difficoltà, con un rapporto tra domanda e offerta decisamente rassicurante. Quello che non si può dire delle ultime aste spagnole, mentre intanto la curva dei rendimenti del debito pubblico negoziabile di Grecia, Irlanda e Portogallo si è invertita (tassi sulle scadenze brevi più alti delle scadenze lunghe) perchè c'è un serio rischio di default.

Tra le virtù del sistema-Italia rispetto agli stati europei in crisi, finora il mercato ha guardato alla solidità dei rating italiani assegnati dalle tre agenzie, immobili con l'outlook stabile da anni. Da ieri, anche l'Italia è entrata nella sfera delle prospettive "negative" ma non per questo entrerà nel club dei paesi ad alto rischio di liquidità e solvibilità. I fondamentali non sono cambiati. Il debito/Pil italiano è alto ma è salito di qualche punto percentuale con la crisi a differenza degli aumenti a passo da gigante dei debiti dei periferici, quasi raddoppiati (Spagna) se non triplicati (Irlanda) nell'arco di pochi anni. Ed è il trend che conta. Il deficit/Pil italiano ha toccato con la crisi un picco a quota 5,4% mentre quello di Grecia, Irlanda, Spagna e Portogallo è stato registrato su due cifre. Un altro indicatore dei conti pubblici che avvicina l'Italia ai paesi "core" rispetto ai periferici è l'avanzo primario: non solo il track-record italiano è migliore dei periferici ma il ritorno all'avanzo primario (strada obbligata per abbattere il debito) è ora alla portata per l'Italia mentre è tutta in salita quella di Grecia, Portogallo, Irlanda, Spagna e persino Francia.

Anche la composizione e la distribuzione dello stock del debito pubblico italiano sono punti di forza riconosciuti dagli investitori. I BTp rappresentano il 64,45% della torta dei titoli di stato, quasi 1.300 miliardi su 1.573 complessivi, i BoT sono scesi all'8,91% (140 miliardi): questa composizione attutisce l'impatto del rialzo dei tassi sul costo del debito mentre la vita media, oltre i 7 anni, frena il rischio di roll-over (in quanti anni il debito viene rimborsato). Il fatto poi che la metà, se non meno della metà, dei titoli di stato siano posseduti da italiani (risparmiatori, fondi, assicurazioni e banche) protegge il rischio-Italia dalla volatilità della domanda straniera.

Tra gli altri punti di forza del sistema-Italia, rispetto agli stati europei in difficoltà, gli operatori di mercato mettono in evidenza la solidità del sistema bancario (tra i meno esposti in Europa al crack di Grecia, Portogallo, Irlanda e Spagna) e la scarsa quantità di "titoli tossici" nei bilanci delle banche italiane che non hanno dovuto subire i contraccolpi dello scoppio di una bolla speculativa immobiliare (Irlanda, Spagna). Il debito privato italiano è basso e la propensione al risparmio è alta, una virtù rispetto ai modelli anglosassoni che hanno dovuto trasferire sul bilancio pubblico le enormi passività del privato. Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti non perde inoltre occasione di ricordare che l'Italia ha varato una delle più aggressive riforme pensionistiche in Europa, essenziale per la tenuta dei conti pubblici in un paese soggetto a forte invecchiamento della popolazione.

Lo spread BTp-Bund è però tornato ad allargarsi di recente sforando la soglia dei 170 centesimi a causa di un lieve contagio con la crisi greca e per l'instabilità del Governo Berlusconi. Fino a ieri, per molti operatori questo ampliamento del gap era motivo per tornare ad acquistare: il monito di S&P sulla crescita troppo bassa e sul freno alle riforme strutturali per colpa dello stallo politico mette in dubbio ora la chiave di lettura del mercato.

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