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Questo articolo è stato pubblicato il 22 giugno 2011 alle ore 19:30.
L'ultima modifica è del 22 giugno 2011 alle ore 15:28.

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Silvio Berlusconi apre l'intervento alla Camera nello stesso identico modo con cui ieri aveva esordito al Senato. E il copione sarà lo stesso: oggi come ieri non ci saranno voti dopo l'intervento del Cavaliere. Se non fosse che al termine del dibattito Berlusconi sale a Colle per riferire al capo dello Stato, Giorgio Napolitano, l'esito della verifica. In Aula il premier parte proprio dal presidente della Repubblica e ne ricorda la sollecitazione a intervenire alla Camera dopo il rimpasto di governo. «Anch'io sono convinto che in una situazione di crisi come quella attuale, dobbiamo lavorare uniti». Poi il premier torna sulla fiducia al decreto Sviluppo e sottolinea come «per la prima volta i 317 sì raccolti ieri abbiano consentito di superare la maggioranza assoluta. La maggioranza c'è, è forte e coesa e non c'è alternativa a questo governo. Arriveremo alla scadenza naturale della legislatura». Ma, avverte il Cavaliere ripetendo il ritornello di ieri, «non sarò premier a vita». Poi una postilla a braccio. «Vi assicuro che è un grande sacrificio. Grandissimo».

Bossi laconico: il discorso? Bello a parole, aspettiamo i fatti
ll resto scorre via seguendo la traccia del Senato, senza novità o annunci choc. E il Cavaliere torna a blandire il Carroccio ringraziando l'amico Umberto e assicurando che l'asse con la Lega «è forte e solido». Ma il Senatur, proprio come ieri, non si sbilancia. «Il discorso di Berlusconi? Bello, a parole». Poi, dopo una pausa, aggiunge. «Aspettiamo i fatti». Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, invece non gli risparmia critiche. «Abbiamo sentito le chiacchiere di un Berlusconi che sembrava al primo giorno di scuola e faceva tutti i buoni propositi che si fanno in quelle occasioni».

Completeremo il programma di governo
Quindi il premier prosegue lungo la stessa trama snodata a Palazzo Madama. Ricorda «la diaspora» di Fini e di un gruppo di deputati e bolla come trasformisti non i deputati passati con la maggioranza «ma quelli che l'hanno abbandonata». Ora, prosegue Berlusconi, «è nostra intenzione completare il programma di governo arrivando alla scadenza naturale della legislatura e i cittadini potranno giudicare il nostro operato con le elezioni politiche generali». Il Cavaliere ricorda poi l'esito delle amministrative che non può incidere sul prosieguo della legislatura. E avverte: «È nell'interesse degli italiani che il governo vada avanti e tenga i conti in ordine. Eviteremo - dice Berlusconi leggendo l'intervento - di finire come altri paesi dissanguati dalla crisi».

L'offerta: opposizione divisa ma collabori. Bersani chiude
Il Cavaliere lancia poi un monito. Ribatte sul rischio che la crisi ci ingoia e ricorda «che le agenzie di rating ci tengono sotto controllo» e le «locuste della speculazione sono pronte a colpirci». Il refrain non cambia. «Non esiste alcuna alternativa a questo governo e a questa maggioranza». Una frase che il premier ripete spesso davanti ai deputati e agli altri membri del governo. Quindi la bacchettata alla sinistra, rea di «fare propaganda» e che «può avvantaggiarsi non guidando il paese in anni così cruenti». Ma, dice Berlusconi, «le tre o quattro opposizioni sono divise fra loro e non in grado di esprimere né un programma né un leader». Poi, dopo il bastone, arriva la carota. «L'opposizione può collaborare alle riforme che il governo dovrà realizzare». Ma Bersani chiude. «Noi non siamo bambini - ribatte -, lui faccia il suo mestiere e parli al paese con sincerità, noi non siamo degli irresponsabili».

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