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Questo articolo è stato pubblicato il 21 luglio 2011 alle ore 15:57.

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Mario Pescante (LaPresse)Mario Pescante (LaPresse)

«Quella che ha fatto Oscar Pistorius è una grande impresa, e per questo campione ho una grande ammirazione. Ma non dobbiamo dimenticare tutti gli altri atleti paralimpici, che ogni giorno riaffermano il valore dello sport superando i propri limiti». Parte dall'attualità Mario Pescante, 72 anni, vicepresidente del comitato Olimpico Internazionale e presidente del Comitato Promotore di Roma2020, per avvicinarsi ai Giochi di Londra2012. La notizia è l'impresa di Oscar Pistorius, che con le sue protesi bioniche agli arti inferiori ha ottenuto il minimo A (e minimo olimpico) per gareggiare con i normodotati già ai prossimi mondiali di atletica a Daegu, in Corea del Sud, ad agosto.

Presidente Pescante, quelle di Londra saranno quindi le Olimpiadi di Pistorius, che gareggerà con gli atleti normodotati?
«Sinceramente il tema non mi appassiona. Penso che le Paralimpiadi siano più importanti, nel loro insieme, di ogni singolo atleta che vi parteciperà. Quelle londinesi saranno una festa straordinaria, proprio perché è in Inghilterra che il movimento paralimpico affonda le sue radici».

Ma l'argomento Pistorius sarà centrale sulla strada verso Londra. Ricorderà le polemiche, i tribunali, le sentenze prima di Pechino2008...
«Ammiro molto le doti e la forza di volontà di Pistorius, tifo per lui, ma non vorrei si dimenticassero gli atleti paralimpici meno famosi di lui. Sicuramente Pistorius anche nei Giochi dei normodotati potrà fare bene, anche se non credo a livello di podio olimpico sui 400 metri. Comunque il tema della partecipazione degli atleti diversamente abili alle gare con i normodotati richiede grande cautela, e come Cio abbiamo deciso di rimetterci alle decisioni delle singole federazioni internazionali».

Che Olimpiade si aspetta fra un anno?
«Un'Olimpiade che tornerà nel solco della grande tradizione sportiva mondiale. Non dimentichiamo che la Gran Bretagna è stata la culla dello sport moderno, inteso come evento sociale e culturale, crescita e presa di coscienza collettiva. Londra ci restituirà questa consapevolezza».

Si preannunciano Giochi all'insegna dell'ottimizzazione dei costi...
«È il duplice affetto della crisi economica internazionale, ma anche di una maggiore concretezza. Pensiamo a certi impianti di Atene2004 ora inutilizzati, o allo splendido stadio del Nido di Pechino, che senza le squadre italiane che vanno a giocarci la Supercoppa resterebbe vuoto.... Londra ci restituirà un'Olimpiade meno faraonica, più a misura d'uomo. Poi forse, nel 2016, a Rio de Janeiro, con i primi Giochi sudamericani della storia, si tornerà a una nuova fase di espansione».

Lezione utile anche per Roma 2020?
«Utilissima. Anche se per Roma, sperando che i Giochi ci vengano assegnati, immaginiamo un'Olimpiade ancora diversa. Un'edizione capace di rivivere il mito del 1960, ma che proietti anche la Capitale nel futuro, esaltandone il ruolo di città leader nel mondo».

Intanto però Tokio e Madrid hanno ufficializzato la loro candidatura. Rivali difficili...
«Certo. Anzi. Non trascurerei l'ipotesi Istanbul, o magari la candidatura sudafricana di cui si continua a parlare. Entro il 30 agosto sapremo tutto, perché per quella data le candidature dovranno essere ufficializzate. Noi di Roma2020 intanto andiamo avanti: siamo già scesi in campo, e quindi ogni piccolo vantaggio va sfruttato».

Torniamo a Londra2012: chi saranno i protagonisti?
«Mi conceda di vestire, per un attimo, i panni di tifoso dell'Italia. Penso ai nostri nuotatori, alla nostra scherma, ma anche ai tiratori a volo. E poi sogno il ritorno al vertice delle nostre squadre: pallanuoto, basket, volley. Da loro mi aspetto l'impresa».

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