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Questo articolo è stato pubblicato il 28 luglio 2011 alle ore 07:44.

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L'orologio che annuncia il possibile default dell'America (AFP)L'orologio che annuncia il possibile default dell'America (AFP)

LOS ANGELES - Mancano 5 giorni, 4 ore, 30 minuti e 12 secondi, 11, 10, 9... al possibile default dell'America: lo annunciano alla popolazione americana enormi cronometri in tv, alla radio, nei negozi e sui maggiori siti internet del Paese, un'avvertenza inquietante che sta ingigantendo l'impazienza dell'America nei confronti del presidente e dei partiti politici ancora incapaci di raggiungere un compromesso dopo mesi di trattative. Se il Parlamento non raggiungerà entro il 2 agosto un accordo su come abbassare il deficit pubblico di almeno 2.500 miliardi di dollari nei prossimi 10 anni, i repubblicani si rifiuteranno di approvare l'innalzamento del tetto all'indebitamento del Governo e il Tesoro Usa non sarà in grado di pagare tutti i conti.

Le ripercussioni sull'economia sono imprevedibili, ma non potranno certo aiutare una crescita sempre più anemica. Ieri il Beige Book della Federal Reserve ha rilevato un ulteriore rallentamento dell'attività economica in quasi tutti i distretti della nazione, e secondo le previsioni il tasso di aumento del Pil nel secondo trimestre, il cui annuncio è atteso per domani, sarà ancora più basso dell'1,9% registrato nel primo.

Sul fronte del debito pubblico quella di ieri è stata un'altra giornata di stallo: i repubblicani di destra influenzati dal Tea Party hanno dichiarato inadeguata persino la proposta avanzata dal leader del loro partito John Boehner, un repubblicano più moderato. «Sono fiducioso nella sconfitta del piano Boehner», ha addirittura detto il deputato Jim Jordan alla vigilia del voto alla Camera spostato da ieri a oggi per poter apporre alcune modifiche e renderlo più appetibile alla fronda ribelle unltraconservatrice. Dopo un'analisi più attenta del Congressional Budget Office (Cbo), infatti, la proposta Boehner avrebbe abbassato la spesa pubblica nella sua prima fase di solo 850 miliardi di dollari in 10 anni anziché 1.200 come aveva promesso. Il piano include anche una seconda fase, con tagli aggiuntivi per 1.800 miliardi di dollari da approvare il prossimo anno.

Il rinvio del voto alla Camera ha dato intanto tempo al senatore democratico Harry Reid di modificare la sua proposta al fine di metterla al voto del Senato subito dopo il voto del piano Boehner alla Camera. Dopo un'altra analisi più attenta del Cbo, è risultato infatti che la proposta Reid avrebbe sfrondato solo 2.200 invece che 2.700 miliardi di dollari in 10 anni dalla spesa, una cifra insufficiente a convincere almeno sette senatori repubblicani a schierarsi con i democratici e raggiungere la maggioranza necessaria per approvarla.

Queste due proposte, quella di Reid e quella di Boehner, sono le uniche rimaste per ora sul piatto; nessuna delle due include aumenti delle tasse, e nessuna delle due attua una vera riforma capace di modificare il codice fiscale e ridimensionare la spesa militare, pensionistica e sanitaria.

Mentre a Washington proseguono frenetiche le trattative, all'America non resta che prepararsi al peggio. Cosa succederà sui mercati in caso di default? Chi sarà maggiormente penalizzato alle prossime elezioni, i repubblicani, i democratici o il presidente Obama? Contrariamente ai pronostici, il mercato dei titoli del Tesoro Usa continua a rimanere sorprendentemente stabile, e ciò suggerisce che le ripercussioni di un default essenzialmente tecnico potrebbero essere contenute.

Ma Wall Street sta mostrando il suo nervosismo, il Dow Jones ha chiuso ieri al ribasso per la quarta seduta consecutiva, il dollaro è sceso al minimo storico contro il franco svizzero, l'oro ha sfondato un altro record a 1.625 dollari all'oncia e un downgrade del debito Usa resta possibile anche se un accordo venisse raggiunto.

Per quendo riguarda le ripercussioni politiche, nessuno uscirà vincitore da questo litigioso impasse. Ma persino i conservatori temono a questo punto che l'intransigenza della destra repubblicana possa costare voti il novembre prossimo e favorire Obama.

droveda@ilsole24ore.us

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