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Questo articolo è stato pubblicato il 23 agosto 2011 alle ore 06:36.

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Una volta tanto, Piazza Affari ha accantonato i timori di recessione e ha preferito guardare alle potenziali occasioni di crescita al di là del Mediterraneo. Perché la notizia del sostanziale crollo del regime di Gheddafi ha spinto al rialzo l'intera galassia dei titoli delle aziende con interessi economici in Libia, energetici e costruzioni in primis. Alla fine di un rally interrotto nel finale, sulla scia della frenata di Wall Street, il listino italiano ha guadagnato l'1,78%, ben più dello 0,79% messo a segno dall'europeo Stoxx 600.
Un movimento al rialzo, quello del Ftse Mib, guidato soprattutto da Eni e dalle altre aziende che nei mesi scorsi avevano risentito dello scontro tra il regime di Gheddafi e i ribelli, da Saipem ad Ansaldo, passando per Saras o Maire Tecnimont. Aziende che hanno firmato contratti importanti con il governo del Colonnello e che ora si attendono una ripresa delle attività commerciali e il rispetto degli accordi già sottoscritti.

A correre ieri sono stati soprattutto gli energetici, che hanno registrato una crescita del 5,21% soprattutto grazie ad Eni, il colosso petrolifero del listino italiano, che con i suoi 50 miliardi di euro di capitalizzazione "pesa" del resto per il 14% circa dell'intera borsa italiana. Il guadagno messo a segno ieri - pari al 6,33%, a 13,27 euro - vale da solo un punto percentuale del balzo del Ftse Mib. Per spiegare il rialzo - che pure durante la seduta era stato anche superiore al 9 per cento, il massimo da circa tre anni - basta guardare all'esposizione del gruppo in Libia, dove il Cane a sei zampe è il primo operatore internazionale nell'estrazione di gas e petrolio dal 1959. La fine del regime di Gheddafi dovrebbe tradursi nel riavvio sostanziale della produzione di greggio. Una notizia, questa, di grande impatto dopo che il titolo ha perso circa un terzo del suo valore in borsa dai picchi del 14 febbraio. Tripoli è un mercato che da solo rappresenta circa il 13% del fatturato del Cane a sei zampe. «Oggi l'output petrolifero libico è un po' più al sicuro», segnalava ieri un trader. «Non appena Gheddafi uscirà di scena, la comunità internazionale farà tutto ciò che può per far ripartire la produzione di petrolio: ecco perchè Eni guadagna», spiega Per Lekander, analista del comparto energetico per la svizzera Ubs.

Al traino di Eni, si sono mosse al rialzo però anche tutte le principali società italiane dell'oil&gas. A partire dalle stesse controllate di Eni, come Snam Rete Gas (+0,8%) e Saipem (+1,19%). Tra gli altri raffinatori, ieri spiccavano i guadagni di Saras, grande utilizzatore del petrolio sweet crude libico, ieri è cresciuta del 4,78 per cento, o di Erg, in positivo dello 0,81 per cento.
Non solo. Tra le aziende quotate con interessi economico-finanziari nella sponda sud del Mediterraneo ci sono soprattutto le società attive nel comparto infrastrutturale. Ansaldo Sts è schizzata del 5,03% sulla scia di un report di un broker estero secondo cui l'evoluzione della situazione di Tripoli potrebbe avere un impatto positivo del 10% sugli utili del gruppo attivo nel settore ferroviario. Proprio Ansaldo Sts si è aggiudicata due contratti relativi alle ferrovie libiche del valore complessivo di 740 milioni di euro. A guadagnare ieri è stata anche la sua controllante, Finmeccanica (+1,38%), che ha costituito con il fondo Lybian Africa Investment Portfolio una joint venture per una cooperazione nei settori dell'aerospazio, trasporti ed energia.

In Libia c'è un po' tutto il mercato delle costruzioni "made in Italy". È stato proprio un gruppo di aziende italiane ad essersi aggiudicato la gara da 125,5 milioni di euro per il servizio di advisor in vista della realizzazione dell'autostrada costiera libica lunga 1.700 km e chiesta dal colonnello Gheddafi come riparazione per i danni subiti nel periodo coloniale e prevista dal trattato di amicizia e cooperazione firmato nel 2008 da Italia e Libia. I lavori valgono circa tre miliardi di dollari e riguardano l'intero tracciato. In corsa per la gara il colosso delle infrastrutture c'è Impregilo che a Milano ieri ha guadagnato l'1,18%. Il gruppo delle costruzioni ha ottenuto in Libia contratti per 1 miliardo di euro per la costruzione di 3 centri universitari, del nuovo centro congressi di Tripoli oltre ad altre infrastrutture fra Tripoli e Misurata. Assieme a Impregilo, gli acquisti sono andati anche sulla società ingegneristica Maire Tecnimont, il cui titolo, piegato nel corso delle ultime sedute a causa della semestrale negativa, ha chiuso in rialzo del 16,62%.

luca.davi@ilsole24ore.com

I rialzi di ieri
Le notizie in arrivo dalla Libia hanno avuto un deciso impatto ieri sul listino di Piazza Affari: tutte le società legate in qualche modo al Paese africano hanno beneficiato della notizia dell'imminente caduta del regime di Gheddafi e quindi di un'imminente stabilizzazione della regione. In prima fila l'Eni, che, con un rialzo del 6,33%, ha «pesato» per un punto percentuale nel rialzo dell'1,78% realizzato ieri del listino milanese. Il balzo principale è stato realizzato da Maire Tecnimont , che costruirà un'autostrada in Libia.

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