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Questo articolo è stato pubblicato il 25 agosto 2011 alle ore 14:00.
L'ultima modifica è del 25 agosto 2011 alle ore 12:55.

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Caccia ai cecchini a Tripoli.Caccia ai cecchini a Tripoli.

TRIPOLI - Il capitano Mohammad non si ferma un minuto. La sua missione è una delle più difficili qui a Tripoli: stanare i cecchini, i nemici invisibili che paralizzano la capitale della Libia.

Tripoli in questi giorni è una città deserta, dall'aspetto spettrale, anche per la presenza dei cecchini. Non si sa quanti siano, dove siano, chi siano. Si sa soltanto che d'un tratto il silenzio si rompe. E loro sparano. Contro ogni cosa in movimento.

Il capitano Mohammed è un militare di professione. In compagnia dei suoi uomini, viaggia a bordo di due pick up con radio, il suo team dà istruzioni ai vari commando di ribelli su dove stare, come posizionarsi, attendere e infine accerchiare gli snipers, i cecchini di Gheddafi.

«Quando colpiscono un nostro combattente o un civile è difficile poi trarlo in salvo. Perché di solito lo feriscono alla gamba, attendono che arrivino i soccorsi e poi aprono il fuoco contro tutti». Molti cecchini sono mercenari stranieri, diversi del Ciad, intrappolati che cercano una via di fuga. Altri invece sono disposti a morire, per nulla. «Il regime è finito», spiega Arima, il suo secondo, un ragazzo istruito che parla un inglese fluente a differenza di molti dei ribelli venuti dalle montagne.

Le strade di Tripoli sono deserte, le saracinesche serrate, auto carbonizzate tagliano la strada a mo' di barricate. La battaglia nei scorsi giorni è stata feroce. Tripoli è in mano ai ribelli, ma gran parte della popolazione ha abbandonato la città. Chi è rimasto resta chiuso in casa.

Mohamed continua a guardare le case con un binocolo militare, come i due suoi inseparabili ufficiali: in un quartiere vicino hanno individuato un cecchino. E' su un tetto vicino a un minareto. «L'ordine è stare al riparo, fino a che il cecchino non commetterà un errore e si farà meglio localizzare».

Qualche ora dopo, assieme a un altro gruppo di ribelli, molto più disorganizzato, vengono localizzati tre cecchini. Siamo nella prossimità di Bab al-Aziziya. I cecchini sparano alla cieca. Disperati. Occorre ripararsi dietro ai muri. Avanzare, nascondersi dietro gli alberi. Un civile viene seriamente ferito alla gamba e al petto. Sull'altro lato i ribelli fanno fuoco contro il cecchino per distrarlo. Riescono a trascinarlo in una strada laterale e caricarlo su di un ambulanza. Ma ecco che qualcosa va storto. Qualcosa che suggerisce quanto l'anarchica armata dei rivoltosi, pur volenterosa, sia disordinata. Quanto le diverse cellule agiscono senza un coordinamento comune. Ai ribelli che danno la caccia, se ne aggiungono altri. Hanno udito i colpi di arma da fuoco e sparano all'impazzata. Alcuni proiettili finiscono anche nella nostra direzione. Urlano tra loro. Alla fine, in una manovra a tenaglia, i cecchini vengono circondati dai ribelli.

Due riescono a volatilizzarsi, uno viene ferito braccato e portato via su un auto. E' un uomo sui 35 anni, dalla corporatura robusta, indossa una camicia da lavoro e un paio di pantaloni di flanella grigia. Un travestimento, sostengono i ribelli. Non vogliono che lo fotografiamo.

Ma quanti cecchini sono rimasti? «Questa è una domanda a cui nessuno sa rispondere», spiega il comandante Mohammed. «I cecchini più pericolosi sono le ragazze minorenni, fedelissime del raìs. Sono addestrate molto bene. Sanno sparare con precisione, attendere,mimetizzarsi».

Prima di continuare il suo nuovo giro il capitano Mohammed avverte: «La guerra è finita. Ma prima di veder Tripoli completamente libera dobbiamo stanarli uno ad uno. Ci vorrà tempo».

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TAG: Libia

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