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Questo articolo è stato pubblicato il 25 agosto 2011 alle ore 06:36.

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Roberto Perli. Fino allo scorso anno è stato alla FedRoberto Perli. Fino allo scorso anno è stato alla Fed

NEW YORK. Dalla sacerdotessa al governatore. Ben Bernanke come la Pizia e il Casino di Grand Teton di Jackson Hole come il tempio di Apollo a Delfi: siamo tutti ansiosi di sentire l'oracolo. È questa l'aspettativa creata dai media di tutto il mondo attorno al discorso che Ben Bernanke terrà domani nella sala principale della Grand Teton Lodge.

Anticipare un oracolo può essere sconsigliabile. In questo caso Il Sole 24 lo ha fatto contando sull'aiuto di un insider, un economista che ha lavorato alal Fed a stretto contatto con il banchiere centrale. È un italiano, di Padova. Si chiama Roberto Perli e per otto anni ha lavorato alla Fed di Washington, fino a raggiungere la qualifica di associate director della Divisione affari monetari del Board of Governors. Alla vigilia del summit di Jackson Hole dell'anno scorso, Perli si è dimesso per diventare managing director dell'International strategy & investment group, istituto di ricerca finanziaria americano.

Da Bernanke dobbiamo aspettarci un annuncio forte?
L'anno scorso, alla vigilia di Jackson Hole, il Fomc non si era espresso in modo chiaro e quindi Bernanke colpì tutti anticipando il Quantitative Easing 2, o Qe2, la seconda manovra di iniezione di liquidità. Quest'anno invece c'è meno spazio per dire cose nuove perché il Fomc è stato molto meno ambiguo: oltre a impegnarsi a mantenere i tassi vicino allo zero fino al 2013, ha detto di essere pronto a usare tutti gli altri strumenti a sua disposizione.

Che sono?
Essenzialmente quattro, di cui due di natura più simbolica come un eventuale annuncio dell'intenzione di mantenere alto il livello dei titoli posseduti. Ma questo avrebbe benefici limitati perché tutti gli investitori già se lo aspettano. Altra mossa abbastanza simbolica potrebbe essere quella di ridurre i 25 punti base (lo 0,25% Ndr) che la Fed paga alle banche sui capitali tenuti in deposito. Lo scopo sarebbe di incentivare le banche a non tenere i soldi fermi. Il problema è che non è per quei 25 punti base che le banche non prestano.

Per quale motivo allora?
Primo per problemi di capitalizzazione. Secondo perché le proiezioni macroeconomiche sono incerte. Terzo perché la domanda di credito è comunque limitata.

Veniamo alle opzioni più efficaci.
La prima è un altro giro di quantitative easing. Che per avere un effetto sui mercati dovrebbe essere di 400 o 500 miliardi di dollari. Questa opzione è ostacolata da problemi politici sia interni che esterni alla Fed. Alcuni membri del Fomc temono che sarebbe poi complicato uscire da questa politica. E in Congresso i repubblicani sono contrari perché dicono che la strada interventista è stata già sperimentata senza grande successo. E in più crea il rischio di inflazione.

Lei concorda?
No. Ritengo ragionevole pensare che la Fed abbia prevenuto una crisi molto peggiore. E penso che gran parte di questa liquidità rimarrebbe inerte perché le banche comunque non presterebbero abbastanza. E nel momento in cui cominciassero a farlo in modo massiccio, e quindi l'inflazione divenisse un rischio vero, la Fed potrebbe re-intervenire.

Ma se non si pensa che le banche presterebbero di più, che senso ha un Qe3?
L'obiettivo non sarebbe di mettere moneta in circolazione perché le banche prestino bensì di indurre gli investitori privati a correre più rischi: far sì che si spostino dalle obbligazioni del Tesoro a quelle corporate e ai titoli azionari, in modo da ridare fiato alle Borse.

Ci sono contro-indicazioni?
Un effetto collaterale del Qe è l'aumento dei prezzi delle commodity perché gli investitori si spostano anche lì. Questo ne limita i benefici.

E la seconda opzione, oltre al Qe?
È quella di allungare i tempi di scadenza dei titoli posseduti dalla Fed: vendere titoli a scadenza breve e comprare quelli con scadenza più lunga in modo da ridurne la disponibilità. L'obiettivo sarebbe lo stesso del Qe, e cioè indurre gli investitori privati a spostarsi sulle azioni. Il vantaggio è che non si aumenterebbe il volume dei titoli detenuti. Politicamente è più appetibile.

Quindi è un'ipotesi più probabile.
Ritengo di sì. Io comunque penso che Bernanke potrebbe non preannunciare nessuna misura.

Ma dopo tutta l'attesa, i mercati non reagirebbero male?
C'è quel rischio. Ma Bernanke avrebbe sempre tempo per muoversi dopo. Anche perché al momento la Fed non prevede una recessione bensì una crescita in leggero aumento.

Le previsioni della Fed ultimamemente si sono rivelate però completamente sbagliate.
Questo è vero.

Vuol dire che la Fed si è fatta influenzare da considerazioni politiche?
Non credo. Anche perché non è stata l'unica a sbagliare. Hanno sbagliato praticamente tutti. Questo fa dedurre che stiamo vivendo un momento particolare: c'è stato un cambio di paradigma molto forte e difficile da quantificare.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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