Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 15 ottobre 2011 alle ore 15:22.

My24
Ellen Johnson Sirleaf (Reuters)Ellen Johnson Sirleaf (Reuters)

Vincere il Nobel per la pace a pochi giorni dalle elezioni non è bastato a Ellen Johnson Sirleaf, primo Capo di Stato donna in Africa, a farsi riconfermare il mandato di Presidente della Liberia. I risultati parziali del voto tenutosi martedì scorso le attribuiscono circa il 42 per cento dei voti (in base al conteggio dei voti di 737 seggi su 4457).

Sirleaf è in testa, ma non ha superato la soglia del 50 per cento delle preferenze necessarie per una vittoria al primo turno. Il ballottaggio è previsto per l'8 novembre. Il risultato è deludente per il partito di governo Unty Party, che durante la campagna elettorale ha usato danaro e mezzi pubblici.

Questo raccontano da Monrovia, chiedendo di restare anonimi, esperti italiani dipendenti di organizzazioni internazionali, presenti nel paese da qualche anno. Anche se non è stato annunciato ancora ufficialmente, la 73enne Sirleaf andrà dunque al ballottaggio con il suo rivale e coetaneo Winston Tubman, (70 anni), leader del Congress for Democratic Change, che finora ha ottenuto il 26,5 per cento dei suffragi.

Il vero leader di questo stesso partito di opposizione è l'ex calciatore George Weah, che nel suo passato sportivo ha "militato" in squadre come il Milan ed il Chelsea. Weah è venerato dai giovani della capitale Monrovia. Al comizio di chiusura della sua campagna elettorale erano presenti 40mila persone. Nonostante sia Weah l'anima dell'opposizione a Sirleaf, la primavera scorsa la stella del calcio ha fatto un passo indietro, in modo che Tubman si presentasse come principale avversario della "Lady di Ferro" africana. Tubman è come Sirleaf un economista formatosi ad Harvard. Weah è molto più giovane di loro, essendo nato nel 1966. Alla precedente tornata elettorale per la presidenza, nel 2005, Weah fu il principale rivale di Ellen Johnson Sirleaf e perse. Chi gli remava contro con l'appoggio dell'Ambasciata Usa, chiedeva ai liberiani se fosse il caso di eleggere un presidente che non aveva completato gli studi.

Ecco perché da politico affermato nel suo paese Weah ha frequentato di recente un College americano. Stavolta in campagna elettorale l'ex calciatore ha fatto leva sulle sue umili origini (è nato in uno slum), sottolineando che Sirleaf fa parte di quella élite di discendenti degli schiavi neri tornati dalle Americhe, accusati dagli autoctoni di aver riprodotto a loro volta dinamiche coloniali in Africa. La strategia del Congress for Democratic Change per battere Sirleaf al ballottaggio sarà un ticket Tubman-Weah, che mette in campo l'ex calciatore come vice-presidente.

Tubman, nipote dell'ex Presidente William, "padre della Liberia moderna" che guidò il Paese dalla decolonizzazione, nel 1944, fino alla sua morte, nel 1971, ha alle spalle la carriera diplomatica. In un paese che ha alle spalle un conflitto civile durato dal 1989 al 2003, il king-maker per la presidenza sarà probabilmente un ex criminale di guerra, Prince Johnson, rientrato in Liberia nel 2004 dopo 12 anni di esilio. A queste elezioni Johnson ha ottenuto finora il 13,5 per cento dei suffragi.

Johnson, un "born again Christian" che ha ritrovato la fede dopo la guerra, era nel 1990 a capo della fazione ribelle che catturò a Monrovia l'ex Presidente Samuel Doe. L'arbitro di queste elezioni all'epoca fece filmare agli uomini ai suoi ordini la morte tra le torture del leader deposto. Mentre i ribelli tagliavano le orecchie a Doe davanti alla telecamera, Johnson era immortalato in un posa rilassata, coi piedi sul tavolo, mentre beveva birra Budweiser. Prince Johnson ha dichiarato di essere soddisfatto del ruolo di ago della bilancia e che esprimerà indicazioni di voto quando avrà ascoltato i suoi elettori.

Il voto di martedì si è svolto senza incidenti e secondo gli osservatori internazionali è stato regolare. L'affluenza alle urne per le prime elezioni gestite direttamente dal governo liberiano dopo la guerra civile è stata di oltre il 70 per cento. Il voto del 2005 fu organizzato dalla missione di peacekeeping dell'Onu, Unmil, tutt'ora presente nel paese dell'Africa occidentale con 15mila caschi blu. Secondo Winston Tubman in Liberia, dove durante gli anni della guerra civile sono morte 250mila persone, senza peacekeeper dell'Onu riesploderebbe la violenza. Accusa di questo stato delle cose Sirleaf, incapace a suo dire di portare a compimento una riconciliazione nazionale. Quando Ellen Johnson Sirleaf ha vinto il Nobel per la pace, sia Tubman che Weah hanno gridato allo scandalo, parlando, in sostanza, di un riconoscimento pilotato dalla comunità internazionale. Tubman ha definito il prestigioso premio a Sirleaf «inaccettabile» in quanto conferito a un personaggio additato per aver «commesso violenze» in Liberia.

La presidente e premio Nobel appoggiò, negli anni della guerra civile, l'ex presidente Charles Taylor, quando quest'ultimo si batteva, da ribelle, contro Doe (1989). Sirleaf fece però in seguito marcia indietro su Taylor, oggi alla sbarra all'Aja in attesa di un verdetto sulle accuse per crimini di guerra commessi in Sierra Leone, paese confinante con la Liberia. La presidente liberiana ha pubblicamente fatto per la vicenda Taylor. Nonostante questo l'anno scorso la Commissione per la verità e la riconciliazione in Liberia ha incluso il suo nome nell'elenco di 50 figure da bandire per trent'anni dalle cariche pubbliche. La Corte suprema del paese africano poi ha rovesciato tale decisione in quanto incostituzionale. Così Sirelaf ha partecipato alla competizione elettorale che vede in corsa 14 candidati, nonostante avesse promesso in precedenza di non ricandidarsi. "Non si cambia pilota se l'aereo non è ancora atterrato". Con queste parole la premio Nobel ha giustificato la sua decisione di ottenere un secondo mandato.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi