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Questo articolo è stato pubblicato il 10 febbraio 2012 alle ore 13:30.

Mario Monti (Space24)Mario Monti (Space24)

Ha iniziato il Financial Times con l'ironia tipica di chi parla di qualcuno con cui ha confidenza: poche settimane fa, con il titolo Full Monti, il quotidiano britannico consacrava in prima pagina il nostro nuovo premier, senza paura di giocare con le parole e Full Monty, titolo di un film del 1997 sulla vita tragicomica di disoccupati inglesi, ex operai che si riciclano spogliarellisti, figli "sfigati" e squattrinati delle politiche di Lady Thatcher. Il 26 gennaio il quotidiano rosa della City che più di tutti è definito «autorevole» esulta come un foglio di partito: «L'Italia è tornata dopo un'assenza di due decenni (più o meno la durata di Berlusconi al potere ndr). L'Italia è di nuovo sulla scena. Il destino di Mr Monti è ancora l'Europa» scrive Ft.

In un ritratto pubblicato a poche settimane dall'incontro di Monti con Obama il Financial Times, giornale che il presidente americano ha dichiarato di leggere «anche quando non era ancora di moda», stila un ritratto entusiasta dell'ex preside della Bocconi definito il miglior leader europeo. Ora la rivista Time che mette Monti in copertina si adegua e si domanda: può quest'uomo salvare l'Europa? E sembra che la stampa anglosassone sia presa da quella sindrome molto italiana di individuare e esaltare l'uomo della provvidenza che risolve tutti i problemi.

Il giorno dopo le dimissioni di Berlusconi, Politico.com, sito che si occupa del tran tran parlamentare e retroscena vari a Washington, sottolinea «l'autorevolezza dell'ex commissario europeo» definendolo «top choice» per il dopo Cavaliere. Da lì il curriculum del professore è una costante degli elogi della stampa americana: due giorni fa, in uno dei suoi blog, il New York Times, si spinge oltre: quanta differenza può fare una nuova faccia è l'attacco di un post dal titolo «Dire ciao al nuovo leader italiano». Il Nyt ricorda che per tre anni i rapporti fra Obama e Berlusconi sono stati improntati a una «fredda correttezza»: il presidente americano si limitava a colloqui veloci con il Cavaliere, escluso dalle cene amichevoli a cui erano invece invitati Merkel e Sarkozy. Con Monti è tutta un'altra storia non solo perché il professore è un tecnocrate «caro agli ambienti internazionali» dunque «capace di instillare quella fiducia» di cui l'Italia ha bisogno per tirarsi fuori dalla crisi economica. È anche «un tecnocrate che non ha scheletri nell'armadio». La benevolenza di Washington è tale - prediceva l'8 febbraio il Nyt - che è possibile che quando lo incontrerà, Obama rigrazierà Monti per l'aiuto militare italiano nella campagna in Libia, cosa che non ha fatto a settembre con Berlusconi che non mancò di mostrare il suo disappunto. È che si deve voltare pagina e i pragmatici americani hanno un'emergenza comune: la crisi economica. Tommy Vietor, senior director al National Security Council, avvertiva: l'incontro Monti-Obama «è importante», ci sono temi cruciali da discutere», una «nuova faccia» concludono i pragmatici americani, non può che giovare.

A novembre il professore erede di Berlusconi non era stato salutato da tutti con lo stesso slancio. Il Wall Street Journal non si entisiasmò per «l'ascesa dei tecnocrati» in Grecia e Italia: Monti era definito «l'uomo d'acciaio alla Commissione Ue» che però non aveva alcuna responsabilità politica. Profetizzava il Wsj: «Il professore sarà impotente finché non otterrà il supporto della litigiosa combriccola che ha buttato giù l'ultimo governo». Ancora: «I primi segni mostrano come il supporto parlamentare sia tenue e non è ancora chiaro se Monti riuscirà a portare la classe politica a quei voti difficili di cui si ha bisogno come, per esempio, abbattere il noto articolo 18». Ma lo scorso 8 febbraio, alla vigilia della visita alla Casa Bianca, il Wsj titolava in prima pagina una intervistona che sapeva tanto di benvenuto. Titolo: «Monti dice che solo le politiche della crescita eviteranno il crollo dell'Europa».

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