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Questo articolo è stato pubblicato il 09 marzo 2012 alle ore 09:25.

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La Holland House Library di Londra distrutta dai bombardamenti aerei nel 1940 (Corbis)La Holland House Library di Londra distrutta dai bombardamenti aerei nel 1940 (Corbis)

Il Manifesto della cultura ha avviato su queste pagine un dibattito sul rapporto tra sviluppo e cultura: sono già intervenute numerose personalità, idee importanti sono state delineate e diverse argomentazioni presentate con frequente riferimento al "valore della cultura". Probabilmente è necessario, probabilmente questi concetti non sono ancora pienamente condivisi. Sicuramente non vediamo intraprendere le azioni che logicamente conseguirebbero da una loro reale condivisione.
Desidero intervenire per evidenziare che spesso le argomentazioni lette, che pur largamente condivido, paiono sottendere concetti di "cultura" e di "valore" che invece non condivido.

Non credo che il valore della cultura sia misurabile in euro, come non credo che la cultura sia solo quella umanistica. È rivelatore di questo sottinteso sentire il riflesso condizionato per cui sotto lo stimolo del "Manifesto della cultura" si è scritto molto sui beni culturali e sulla loro valorizzazione, e vi è stato un automatico riferimento a musei, parchi archeologici, turismo. Il manifesto deve aiutarci a uscire da schemi così usurati e ad aggiornare l'idea stessa di cultura. Non vi sono dubbi che una persona colta debba usare il congiuntivo, distinguere un'opera di Michelangelo da una di Bonnard, ma mi domando se vi sia un consenso sul fatto che una persona colta debba conoscere i numeri immaginari, sapere che un elettrone non è una sferetta (magari rotante…). Mettiamoci alla prova: "Kant? Mai sentito!" e "La radice quadrata di meno uno? Per carità!" sono ugualmente imbarazzanti? Sono equivalenti in base alla nostra idea di cultura?

Al tempo stesso la "valorizzazione" della cultura in euro va respinta. Non per motivi estetici o etici, ben inteso. La cultura non trae valore dall'essere salottiera o inutile! La cultura ci fornisce gli strumenti indispensabili per innovare e far progredire (in tutti i sensi) il mondo. Grazie alla cultura la nostra società evolve, la nostra economia cresce, la nostra tecnologia avanza. Non tutto questo è monetizzabile, ma tutto questo è importante per la qualità della nostra vita.
Cosa fare dunque? A livello individuale molto, certo, ma tre ministri in carica hanno mostrato di sentire che anche il governo deve giocare un ruolo importante. I ministri Ornaghi, Passera e Profumo ("Tre ministri in campo per la cultura", Il Sole del 24 febbraio) hanno dichiarato di voler lavorare "con umiltà e passione … per la lotta a ogni forma di analfabetismo...", pur in "tempi difficili e di mezzi scarsi". Un messaggio incoraggiante. Ma gli interventi necessari sono strutturali e richiederanno tempo per rendere visibili i loro effetti. Questo governo di tempo ne ha oggettivamente poco, ma abbastanza perché siano avviati alcuni (realisticamente, pochi) processi. Mi piacerebbe che i ministri ci dicessero le azioni specifiche (due? tre?, di più non possiamo chiedere) che saranno il lascito del loro ministero per la cultura, la cultura di cui abbiamo qui parlato.

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