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Questo articolo è stato pubblicato il 07 aprile 2012 alle ore 10:27.

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La sua segretaria ai pm: «Avvisai Bossi delle irregolarità». Nella foto Umberto Bossi (ItalyPhotoPress)La sua segretaria ai pm: «Avvisai Bossi delle irregolarità». Nella foto Umberto Bossi (ItalyPhotoPress)

di Roberto Galullo e Angelo Mincuzzi

«Io stessa avevo avvisato Bossi delle irregolarità» commesse dall'ex tesoriere Belsito, «o meglio della sua superficialità ed incompetenza...». Interrogata tre giorni fa dai pm di Napoli, Henry John Woodcock e Francesco Curcio, la segretaria personale del leader della Lega Nord, Daniela Cantamessa, rivela che Umberto Bossi avrebbe saputo della gestione «opaca» dei bilanci del Carroccio. Sono le prime ammissioni che coinvolgono direttamente il fondatore del partito nell'inchiesta sulle irregolarità nella gestione dei bilanci da parte dell'ex tesoriere Francesco Belsito. Ancora di più racconta agli inquirenti Nadia Dagrada, responsabile della gestione dei fornitori, dei gadget e di verifica della contabilità nazionale della Lega, in pratica il braccio destro di Belsito.

Sono le 7 del mattino del 3 aprile quando nell'abitazione della donna, appena perquisita, la militante leghista conferma per tre volte a Woodcock e al pm milanese Roberto Filippini l'esistenza di fondi neri nella sede di via Bellerio. «Mi ricordo – fa mettere a verbale – che alcuni anni fa l'ex amministratore della Lega Nord, sig. Balocchi, portò in cassa 20 milioni di lire in contante dopo essersi recato nell'ufficio di Bossi».

La collaboratrice di Belsito racconta poi dell'allarme provocato dall'eccessiva insistenza dell'ex ministro della Giustizia Roberto Castelli nel voler verificare le uscite nel partito: «Castelli stava insistendo, anche con me, per vedere i conti del partito e quindi io consiglio a Belsito di riferire al "capo" Umberto Bossi, vista la consistenza delle spese sostenute per la famiglia Bossi... di non permettere a Castelli di fare questi controlli e che quindi per poter continuare a pagare le spese della famiglia, bisognava fare ricorso al "nero", cioè a incassare liquidità senza registrazione contabile alcuna, così come ha fatto in passato Balocchi quando è andato nell'ufficio di Bossi ed è uscito subito dopo con delle mazzette di soldi per 20 milioni di lire. Balocchi uscì dall'ufficio di Bossi e venne nell'ufficio da me, mi consegnò i 20 milioni di lire dicendomi di non registrarli e di metterli in cassaforte che poi ci avrebbe pensato lui».

Non solo. I soldi della Lega provenienti dal finanziamento pubblico sarebbero serviti anche a pagare le spese mediche di Bossi. L'elenco che Nadia Dagrada fornisce agli inquirenti è parziale ma dettagliato. I costi per il ricovero del senatur, colpito da un ictus nel 2003, alla Hildebrand di Varese – afferma la collaboratrice di Belsito – sono stati anticipati dalla Lega e poi restituiti da Bossi: in tutto 100mila euro. «Dopo il 2003 – aggiunge – c'è stato "l'inizio della fine"». E il partito salderebbe anche le fatture, per circa un migliaio di euro, del Cardiocentroticino di Lugano, dove Bossi è in cura.

Ci sono poi 25mila euro per la ristrutturazione della villa di Gemonio, «12 o 21mila euro» per il Bmw X5 utilizzato da Riccardo Bossi più altri soldi non quantificati per gli avvocati, le cartelle esattoriali e conti vari dello stesso figlio del senatur. E poi 130mila euro per la laurea di Renzo Bossi, 120mila per il diploma e la laurea di Belsito, altri 130mila per diploma e laurea di Rosi Mauro, un prelievo di 29.150 franchi svizzeri a favore della stessa Mauro, che incasserebbe anche altri 48mila euro, mentre al Sinpa, il sindacato padano, vanno 60mila euro. Soldi in contanti vengono versati – sempre secondo Nadia Dagrada – a Pier Moscagiuro, il compagno di Rosi Mauro, «affinché pagasse le rate per le spese di una scuola privata e conseguire il diploma e poi la laurea». Ma anche i fondi della Legge Mancia possono essere utili per questi fini.

Ed ecco i finanziamenti alla scuola bosina di Manuela Marrone, moglie del senatur: «Almeno 80-100mila euro» presi «dal conto dei fondi della cosiddetta Legge Mancia», e poi «ulteriori versamenti per un ammontare di 800mila euro», fino a quando «ho appreso circa un mese fa da Belsito, che nel 2010-2011 gli era stato chiesto da Marrone Manuela di accantonare, per cassa, una cifra per il sostegno della scuola bosina, pari a circa 900mila o un milione di euro». E Bossi sarebbe stato al corrente delle spese folli. «Belsito – rivela infatti Nadia Dagrada – mi ha sicuramente detto di aver registrato un suo colloquio con l'onorevole Bossi, colloquio nel quale aveva "ricordato" al segretario onorevole Bossi tutte le spese sostenute nell'interesse personale della famiglia Bossi con i soldi provenienti dal finanziamento pubblico».

Nello stesso interrogatorio, Nadia Dagrada parla anche di alcune presunte conoscenze dell'ex tesoriere. «Belsito – afferma – mi ha riferito che lui aveva delle amicizie particolari con alcuni appartenenti alle forze dell'ordine, tra cui Carabinieri e Guardia di Finanza e che poteva assumere informazioni da loro anche riservate, anche giudiziarie».

ACCUSE E INDAGATI

Le accuse sono pesanti. Dalla truffa ai danni dello Stato all'appropriazione indebita, fino alla più bruciante: riciclaggio. Attacco a tridente delle Procure di Milano, Napoli e Reggio Calabria. Finiti sotto indagine il tesoriere della Lega Nord (poi dimesso) Francesco Belsito, l' imprenditore Stefano Bonet e Paolo Scala, consulente aziendale. Per gli investigatori il tesoretto leghista è stato amministrato in maniera illegale e - soprattutto - che parte dei rimborsi elettorali siano serviti a pagare spese personali dei familiari del leader Umberto Bossi. Da Reggio Calabria sono otto gli indagati, tra i quali Scala, Bonet , in particolare, Romolo Girardelli. Sarebbe quest'ultimo per la dda di Reggio, il tramite tra Belsito e la cosca della 'ndrangheta dei De Stefano

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