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Questo articolo è stato pubblicato il 05 maggio 2012 alle ore 18:19.

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Francesco Macrì Gerasoli, 30 anni, medico radiologo a NimesFrancesco Macrì Gerasoli, 30 anni, medico radiologo a Nimes

«Tornare in Italia per gli incentivi fiscali? No grazie, allo stato attuale no. Qui in Francia sto maturando un'esperienza fantastica. E preferisco pagare più tasse, pur di avere maggiori prospettive professionali». Francesco Macrì Gerasoli, nato 30 anni fa a Messina, oggi lavora medico radiologo al centro universitario ospedaliero di Nimes, nella Francia del Sud: è stato appena nominato responsabile del servizio di emergenze radiologiche.

«Certo che mi sarebbe piaciuto restare in Italia, magari all'università come ricercatore. Però non mi accontentavo di una vita da precario - spiega Macrì Gerasoli -. Come specializzando guadagnavo 1.800 euro al mese, con i contratti co.co.co. sarei arrivato, forse, a 2.200. Ma non l'ho fatto solo per i soldi, di abbandonare tutto e tentare la fortuna all'estero. Mi ha spinto soprattutto il desiderio di conoscere, di crescere».

Una laurea in medicina e chirurgia all'università La Sapienza di Roma, nell'ottobre del 2006, in sei anni esatti. Poi la specializzazione in radiologia nel 2011. «A Roma c'è un'ottima scuola in body oncologico, devo tantissimo al mio professore di allora, Mario Bezzi - ricorda il giovane medico -. Io però volevo approfondire anche la radiologia della testa e del collo, e questi insegnamenti erano carenti. Perciò decisi di esplorare il panorama europeo: all'inizio mi attiravano i paesi anglofoni, poi seguii il consiglio di un collega e optai per la Francia».

In Italia i vecchi docenti temono la «concorrenza» dei giovani
«Durante un primo stage nel 2010, all'ospedale «Gui de Chauliac» di Montpellier, il più grande stroke center della Francia meridionale, avevo notato l'enorme differenza tra il sistema italiano e quello francese - tiene a sottolineare Francesco Macrì -: nel nostro Paese l'insegnamento è spesso carente perché gli stessi docenti non vogliono far crescere dei potenziali "concorrenti". A mio parere, questo problema esiste soprattutto in chirurgia». «Nell'ospedale universitario di Montpellier, invece, ho trovato medici che facevano davvero i medici, radiologi che erano concentrati sui pazienti e sulle immagini diagnostiche, e più in generale, specialisti che sapevano lavorare anche in équipe.. Quanto ai professori, erano realmente dedicati a noi studenti per stimolare la conoscenza».

«Insomma, non dovevano scappare a fare visite private, magari nella loro clinica. In Francia i medici pubblici non possono lavorare in privato al di fuori dell'ospedale dove lavorano: l'attività intramoenia si fa esclusivamente dentro l'ospedale, e non esiste il privato puro».

E così Francesco nel 2011 chiede di fare un secondo stage, più lungo: poi, nella primavera, arriva il momento di decidere. «In effetti, da giorni volevo andare dal primario per chiedergli un periodo di proroga dello stage. Invece fu lui stesso ad anticiparmi: ti andrebbe di tornare a lavorare qui? mi chiese. Allora ho deciso: a luglio ho finito la specializzazione a Roma... e a settembre sono tornato in Francia con una borsa fellowship della Società europea di radiologia».

Al di là delle "raccomandazioni"
A Montpellier, Francesco trova anche un altro "stile" organizzativo: «mentre in Italia servono le raccomandazioni, in Francia, se vedono che un giovane dimostra interesse, gli chiedono di restare. Io, ad esempio, rimanevo in reparto anche dodici ore al giorno, se necessario, lavorando tantissimo».

Finché un giorno, alla fine del 2011, arriva la proposta. «Il primario Alain Bonafé, che è anche presidente della società francese di neuroradiologia, mi ha chiamato per un colloquio: se sei intessato a restare qui, farò di tutto per farti rimanere in Francia, ha detto. E due settimane dopo mi ha trovato un posto».

«Ora divido la mia attività tra il centro universitario «Caremeau» di Nimes e quello di Montpellier «Gui de Chauliac». Ho preso servizio dopo che i miei titoli di studio sono stati riconosciuti dal sistema francese» spiega Macrì Gerasoli.

«La Francia è orgogliosa di accoglierla»
Non dimenticherò mai ciò che mi hanno detto al momento dell'assunzione: la Francia è orgogliosa di accoglierla, di averla qui. Quanto allo stipendio, ora sono stato assunto al primo livello, e il contratto nazionale ne prevede tredici. Oggi quadagno circa 4.500 euro, però mi basta una guardia medica durante il week end per guadagnarne altri 900: sì, 450 il sabato e altrettanti la domenica. Mentre in Italia le guadie vengono pagate 80 euro nel migliore dei casi».

«Ho amici medici che, a 32 anni, percepiscono anche 7-8mila euro al mese: netti - conclude Francesco -. Lavoro tanto, questo è certo, il mio orario va dalle 8 del mattino alle 18,30; però vedo davanti a me un orizzonte aperto, mentre in Italia, ogni volta che torno, quasi non ce la faccio a sentire i colleghi che si lamentano per la mancanza di lavoro, o per le condizioni indecenti per loro e per i pazienti. Per ora, dunque, voglio restare in Francia. Poi si vedrà».


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