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Questo articolo è stato pubblicato il 16 maggio 2012 alle ore 14:36.

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Mariano Rajoy (Epa)Mariano Rajoy (Epa)

Nelle prime ore di stamattina il premier spagnolo, Mariano Rajoy, ha visto il suo paese battere due record finanziari che avrebbe preferito non trascrivere nel suo palmarès. La "prima de riesgo", cioè lo spread tra i bonos spagnoli a 10 anni e il Bund tedesco, che già ieri si era stabilizzata in chiusura a quota 485 punti, ha toccato in mattinata i 507 punti, cioè il massimo storico dall'introduzione dell'euro.

Nel frattempo la paura che ha attanagliato la Borsa di Madrid ha fatto sì che l'Ibex-35 crollasse al suo minimo assoluto dal 10 giugno del 2003. Mentre negli ultimi giorni ricorrenti tempeste finanziarie facevano scricchiolare il fasciame del vascello Spagna, il timoniere Mariano Rajoy ha preferito farsi vedere poco sulla tolda, rimanendo in sottocoperta "a lavorare con normalità nel suo ufficio", come spiegavano i laconici comunicati della Moncloa. Ma stamattina, in un fugace colloquio con i giornalisti nei corridoi del Congresso, il presidente del governo ha riconosciuto che la situazione è assai complessa e che se lo spread si dovesse mantenere in un'area prossima ai 500 punti, per la Spagna sarebbe insostenibile finanziarsi con un interesse intorno al 6,5 per cento.

Eppure Rajoy si è mostrato fiducioso riguardo al lavoro già intrapreso dal proprio governo, sostenendo che "quello che si sta facendo in Spagna è ciò che va fatto". Un passo in più, semmai, dovrebbe essere fatto dall'Europa nel suo congiunto. Così ha dato a intendere il premier iberico che ha detto: "Credo che il dibattito tra austerità e crescita non abbia tanto senso, perché una cosa è compatibile con l'altra e anzi una cosa è necessaria all'altra. Credo che ci sia un terzo aspetto del quale nessuno parla. Austerità sì, crescita pure, ma mi piacerebbe che ci fosse anche un messaggio forte sul progetto dell'euro e la sostenibilità del debito pubblico di tutti i paesi europei".

Intanto il ministro dell'Economia Luis de Guindos ha assicurato che nonostante tutto la Spagna terrà fede agli impegni presi con l'Europa e ridurrà il rapporto deficit-Pil al 5,3 per cento nel 2012 (l'ex premier José Luis Rodríguez Zapatero si era a suo tempo accordato per il 4,4 per cento per il 2012, ma poi Rajoy, che in realtà desiderava strappare una concessione al 5,8 per cento, è comunque riuscito a rinegoziare al rialzo il rientro del deficit). Per il 2013 l'ambizioso obiettivo e di arrivare al 3 per cento.

La Commissione europea si mostra meno ottimista del ministro spagnolo dell'Economia e prevede che quest'anno Madrid non riuscirà a far scendere il rapporto deficit-Pil sotto il 6,4 per cento, un calcolo che secondo il governo spagnolo è negativamente deformato dal fatto che non sono ancora note a Bruxelles tutte le "Finanziarie locali" delle regioni autonome. L'impennata dello spread spagnolo è dovuta certo a circostanze esterne, cioè al persistere dell'instabilità politica della Grecia, che è costretta a ricorrere nuovamente alle urne dopo il fallimento di tutti i tentativi di formare un governo e che ora potrebbe davvero scivolare fuori dalla Eurozona.

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