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Questo articolo è stato pubblicato il 23 agosto 2012 alle ore 07:00.
L'ultima modifica è del 23 agosto 2012 alle ore 09:21.

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La crisi dell'eurozona prosegue sia per la debolezza di alcuni Stati membri (Pigs) e per la forza di altri (Germania) sia per una crescita vicina allo zero. Anche l'Italia non è fuori dalla crisi pur non essendo più considerata al centro della stessa. La recessione e tassi di interesse sui titoli di Stato decennali intorno al 5,5% (con spread tra 400 e 450 punti base sui tassi tedeschi) vanificano i nostri sacrifici che portano a un avanzo primario intorno al 4 per cento. Per questo non riusciamo a ridurre il debito pubblico sul Pil sul quale si affollano adesso molte ipotesi di "taglio" specie con vendite di patrimonio pubblico. Ipotesi che non convincono il premier finlandese, che governa un Paese molto determinato sul rigorismo. Nel recente incontro con il presidente Monti, egli ha espresso scetticismo sulle vendite a questi prezzi di mercato, suggerendo di mettere i beni pubblici a garanzia delle emissioni dei titoli di Stato dell'Italia (e della Spagna) per abbassare i loro interessi. Questa proposta appare simile a quella che un anno fa avanzammo su queste colonne con l'articolo "EuroUnionBond per la nuova Europa".
Noi non proponevamo però garanzie reali per le emissioni di un singolo Paese (e meno che mai la garanzia che qualche Paese della Uem potrebbe chiedere ad un altro per dargli un prestito) ma per l'emissione di EuroUnionBond per la stabilità e la crescita di tutta l'Eurozona.

I molti tipi di eurobond
Tante sono ormai le proposte di eurobond (si veda A. Quadrio Curzio, On the different types of eurobond, in «Economia Politica», dicembre 2011) con fini diversi: bloccare la crisi finanziaria in atto, mettere in sicurezza i debiti pubblici dei Puem (Paesi della Uem),varare un mercato ampio e liquido di titoli dell'Eurozona, favorire la crescita. Per ora sono stati però emessi solo dei ProjectBond per singoli investimenti (soprattutto da parte della Bei) e dei RescueBond(così li denominiamo) dal Fondo Salva Stati (Efsf:European Financial Stability Facility). Noi rilanciamo perciò gli EuroUnionBond(Eub) che puntano ad unificare gli obiettivi. Siamo incoraggiati a riproporli anche perché una delle tipologie degli StabilityBond ipotizzati dal Green Paper della Commissione europea del novembre 2011 (che cita anche il nostro contributo dell'agosto 2011) ha delle similitudini con i nostri Eub. Inoltre i Fondi salva Stati attuali potrebbero, con modifiche, diventare l'Ente che emette gli Eub.

Gli EuroUnionBond (Eub) del Fondo finanziario europeo
La nostra proposta del 2011 era in sintesi questa.Varare un fondo finanziario europeo (Ffe) dotato di un capitale conferito in beni reali (riserve auree, azioni di società di reti infrastrutturali, azioni di società-veicolo immobiliari)da parte dei Puem nelle proporzioni che essi hanno nel capitale della Bce riproporzionato a 100 con esclusione dei Pesi non-Uem. Avevamo ipotizzato un capitale di 1000 miliardi di euro per la emissione con leva tre di 3000 miliardi di Eub a lungo termine ad un tasso medio del 3% e quindi con un'incidenza degli interessi annui pari a circa l'1% del pil del 2011 della Uem. Avevamo ipotizzato che le risorse finanziarie raccolte venissero destinate a due scopi: 2.300 miliardi per rilevare parte dei debiti pubblici dei Puem pari al 25% del debito su pil di ciascuno; 700 miliardi per fare investimenti infrastrutturali. Il debito su pil italiano verso il mercato sarebbe sceso al 95% e questo avrebbe reso più difficile la speculazione, portanto ad una riduzione dei tassi, in quanto il 25% detenuto dal Ffe sarebbe stato negoziato a tassi realistici e portato a scadenza. A loro volta gli investimenti infrastrutturali avrebbero consentito di unificare e potenziare le reti e spingere la crescita.

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