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Questo articolo è stato pubblicato il 29 settembre 2012 alle ore 16:24.

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«Stiamo morendo di fisco». Giorgio Squinzi lancia l'allarme dagli Stati generali del Nord di Torino. «Parlare di 'questione del Nord' - dice il presidente di Confindustria al Lingotto - vuol dire: dateci un paese normale per operare con le imprese, non accanitevi su di esse. La pressione fiscale che stiamo vivendo sarà necessaria per raddrizzare i conti dello Stato, ma il grosso peso lo subiscono le aziende e i privati cittadini. Dobbiamo avere approccio diverso. Abbiamo bisogno di una politica vera che sappia gestire il Paese e prendere le decisioni giuste affinché le imprese possano investire, produrre ricchezza e dare occupazione».

Il leader degli industriali si dice disposto «a rinunciare ai 30 miliardi di incentivi alle imprese decotte. Tanto soltanto 3 miliardi vanno alle imprese private e 27 a quelle pubbliche. Ritornateceli sotto forma di un minore carico fiscale».

Squinzi indica poi le priorità per far ripartire l'economia italiana: investire in ricerca e in infrastrutture. «È una cosa complicata da fare - spiega - ma questi sono i due punti imprescindibili. Poi, attraverso la spending review, bisogna ridurre i costi superflui e le spese assurde delle regioni del Nord ma soprattutto del Sud».

Il numero uno di Confindustria, parlando del manifesto in dodici punti presentato in mattinata dal segretario della Lega, Roberto Maroni, appoggia la riduzione della burocrazia («e' al centro del mio programma») e dei costi della politica («si sfonda una porta aperta») e guarda ai giovani.

«Da imprenditore e da italiano è la cosa che mi preoccupa di più. Stiamo perdendo per strada una generazione, forse due. Nel contratto dei chimici, firmato sabato scorso, c'è un primo segnale: le assunzioni agevolate in forma di staffetta tra un anziano e un giovane».

Il numero uno di Confindustria non è convinto poi che «si possano tagliare un milione di dipendenti pubblici come ha proposto Maroni perché bisogna evitare la 'macelleria sociale', lasciando per strada le persone da un giorno all'altro. È naturale invece, una linea precisa che porti a rendere più equo il rapporto tra le effettive esigenze della popolazione e le esigenze del territorio».

Porta chiusa, infine, ai contratti territoriali, presenti nel manifesto leghista. «Il contratto nazionale è ancora importante, le esigenze tra le categorie sono diverse. Da presidente di Federchimica ho firmato sei contratti nazionali. Lì si possono introdurre modelli di flessibilità e innovazioni».

«Sono un europeista convinto - conclude Squinzi - credo che il futuro sia negli Stati Uniti d'Europa che presuppongono una forma di federalismo importante. Anche perché la competizione non si fa tra stati ma tra aree economiche».

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