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Questo articolo è stato pubblicato il 28 novembre 2012 alle ore 06:39.

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Mai dire default e soprattutto mai fare default. Fitch ha tagliato il rating dell'Argentina di cinque gradini da B a CC e ritiene «probabile» una sua, nuova insolvenza. Complice la condanna di Buenos Aires al pagamento di 1,3 miliardi di dollari ai fondi speculativi ancora detentori del suo debito. Sì perché le ristrutturazioni sono un affare terribilmente complicato che può durare anni e d'improvviso sfarinarsi nel nulla.

Fatto sta che il governo di Buenos Aires presenterà nelle prossime ore alla Corte d'Appello di New York un ricorso contro la risoluzione del giudice federale locale Thomas Griesa. Quest'ultimo ha disposto che l'Argentina depositi, entro il 15 dicembre prossimo, 1,3 miliardi di dollari, pretesi da alcuni fondi speculativi americani in possesso di tango-bond, tuttora in default.
Griesa ha stabilito che l'Argentina deve pagare anche i possessori di bond che non accettarono la ristrutturazione successiva al default del 2001. Se non lo farà non potrà pagare gli interessi ai detentori dei nuovi titoli ristrutturati. Si profilerebbe così un nuovo default tecnico da 24 miliardi di dollari sul debito emesso nei concambi del 2005 e del 2010.
Da Buenos Aires la replica non si è fatta attendere. Il ricorso, secondo il ministro argentino dell'Economia, Hernan Lorenzino, poggia sul fatto che Buenos Aires ha onorato i suoi impegni. E se la decisione sul deposito verrà confermata, ciò inciderà negativamente sulla possibilità di ristrutturazioni del debito sovrano di altri Paesi e potrebbe avere «severe conseguenze» per New York, come piazza finanziaria globale. Scontata, poi, un'altra grave crisi argentina.

Uno scenario da incubo, quindi, anche se stavolta le responsabilità sono più delle (non) regole della finanza internazionale piuttosto che dell'Argentina.
Enzo Farulla, analista finanziario indipendente, già Raymond James, con una profonda conoscenza dell'Argentina, è molto critico sull'operato di politica economica del Governo di Cristina Fernandez de Kirchner. «Inflazione, protezionismo, vincoli sull'acquisto di dollari sono i più macroscopici errori della Presidenta. Ma sui bond - dice Farulla - ha ragione lei e torto il giudice americano».
Mandare a monte un'intera ristrutturazione del debito è assurdo per il caos che genererebbe. Ma soprattutto perché si penalizzerebbe un Paese che ha pagato. I detentori di tango bond, che a loro volta faranno ricorso contro la decisione del giudice Griesa, stanno riportando a casa una percentuale importante del loro capitale, compresa tra il 60% e l'85%, a seconda delle diverse adesioni alle offerte. Se l'Argentina, per assurdo, decidesse di accontentare chi ha tenuto duro per dieci anni e non ha mai accettato le ristrutturazioni, scatenerebbe l'ira della maggioranza di chi ha accettato. Insomma un inferno.

Difficile prevedere come finirà, ma se persino il Financial Times, da sempre molto duro con Buenos Aires, ospita lunghi articoli che invitano a riflettere sulle possibili conseguenze internazionali di un nuovo default, forse vale la pena farlo. A livello internazionale non c'è proprio bisogno di un'iniezione di instabilità. Almeno ora.

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