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Questo articolo è stato pubblicato il 04 dicembre 2012 alle ore 08:07.

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Gentile Direttore, ho letto con vivo interesse l'articolo di Paolo Bricco «Ilva e Finmeccanica: i pivot italiani da tutelare. La manifattura al bivio tra vecchie zavorre e mercati globalizzati», apparso sul Sole 24 Ore il 30 novembre.

E sarei lieto di intervenire in questo importante dibattito sulle prospettive dell'industria manifatturiera italiana, in particolare nell'orizzonte di medio-lungo termine a cui tutti guardiamo con crescente attenzione vista la prolungata crisi economica che stiamo attraversando.
Ritengo che l'industria italiana si trovi realmente a un punto di non ritorno. Questo vale sia per i pochi grandi gruppi manifatturieri rimasti nel Paese, tra i quali Finmeccanica, sia per le decine di migliaia di piccole e medie imprese che continuano a fare la ricchezza dell'Italia e la cui diffusione capillare sul territorio rappresenta una delle più importanti risorse su cui il Paese può ancora contare.
Sono infatti le Pmi che consentono all'Italia di confermarsi, nonostante la crisi, seconda nazione manifatturiera in Europa, dopo la Germania.
Benché vi siano molti lacci e lacciuoli, giustamente richiamati da Bricco, ad ostacolare lo sviluppo delle aziende italiane, dando ai nostri concorrenti stranieri vantaggi significativi, oggi l'industria manifatturiera italiana di ogni dimensione riesce ancora ad imporsi a livello internazionale grazie alle proprie eccellenze, in particolare dove c'è l'esigenza di capacità manifatturiera qualificata e attenta all'innovazione tecnologica.

Delle tre componenti necessarie per la creazione di un prodotto - costo del lavoro, capitale e tecnologia - solo quest'ultima costituisce ancora un fattore competitivo favorevole alla nostra industria, incluse le Pmi: su questo aspetto, dunque, l'industria manifatturiera italiana deve basare sempre di più la propria competitività.
Finmeccanica è impegnata con grande determinazione ad innovare il proprio patrimonio tecnologico, i propri prodotti, i metodi di produzione, la propria supply chain, per attuare il nuovo indirizzo strategico approvato un anno fa dal consiglio di amministrazione, che punta ad uno sviluppo "sostenibile" del Gruppo per farne un leader mondiale nell'alta tecnologia. Il nostro futuro non si baserà più soltanto sulle pur importanti produzioni per il settore della difesa, ma sarà focalizzato anche su alcune aree strategiche in cui Finmeccanica ha, o può raggiungere, posizioni di leadership sfruttando per il mercato civile le tecnologie originariamente sviluppate per il militare. Penso alle opportunità della cybersecurity a protezione delle infrastrutture critiche, alla gestione delle moderne città attraverso tecnologie smart, alle comunicazioni satellitari, alle necessità di una mobilità intelligente: tutte aree soggette a grande sviluppo, nelle quali Finmeccanica può giocare un ruolo determinante per una effettiva modernizzazione del Paese.

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