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Questo articolo è stato pubblicato il 26 gennaio 2013 alle ore 13:48.

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Oltre al danno spesso anche la beffa
Spesso i beni confiscati, sequestrati, sottratti o passati di mano attraverso svendite forzose non ritornano ai loro legittimi proprietari. O, se vi ritornano accade dopo lunghe, faticose e dolorose controversie. Anche con le stesse istituzioni che ora, dopo il 1945, dovrebbero appartenere a uno stato democratico e non più discriminante. E sono numerose le situazioni paradossali: l'Egeli (Ente di gestione e liquidazione immobiliare) presenta il conto! Proprio così. Questa è la lettera ricevuta da Davide Nizza nel 1956: «Risulta tuttora scoperto il di Lei debito, verso lo Stato, per la gestione dei beni già oggetto di provvedimenti di confisca o di sequestro in applicazione delle abrogate leggi razziali». E, restando in tema, Abramo Tedeschi riceve questa lettera, sempre dall'Egeli: «Ella è invitata a pagare il saldo di 5.473 lire, saldo dovuto in dipendenza della gestione dei beni a suo tempo confiscati a Suo danno, in applicazione dei provvedimenti adottati sotto l'imperio delle abrogate leggi razziali. Il tutto oltre agli ulteriori interessi».
Da "Storia degli ebrei a Palermo durante il Fascismo" di Lucia Vincenti si apprende la testimonianza di B. Schaechter, che può valere per numerosi altri casi: «Era certo che ci avrebbero confiscato la casa di proprietà a Palermo. La casa si vendette per raggranellare qualche soldo in previsione della possibilità di perderla. A guerra finita mio padre cercò di rientrarne in possesso, visto che venne varata una legge che prevedeva di rientrare in possesso della casa restituendo quanto ricevuto più qualche altra cosa. Beh…si fece una causa che finì col dare torto a mio padre… Noi la casa non l'abbiamo più avuta».

Le restituzioni faticose
È ancora Tina Anselmi, nella sua introduzione al Rapporto della Commissione che chiarisce la situazione che si trovano a vivere nel dopoguerra le vittime della persecuzione che sono riuscite a ritornare in Italia. «L'impianto legislativo sulle restituzioni risulta sufficientemente tempestivo ed ampio ma questo giudizio, oggettivamente positivo, va temperato ove si pensi che non poche vittime non ritrovarono più i loro beni e che molte di esse soffrirono a causa della lunghezza e della complessità delle procedure. D'altra parte, il principio di uguaglianza, riaffermato con la Liberazione, trovò nelle sue concrete applicazioni resistenze notevoli, dovute alla impronta rilevante rilasciata da venti anni di fascismo nelle strutture del Paese».

Gli altri Paesi: Francia e Germania
Non manca, nel voluminoso corpo dei lavori della Commissione, un sintetico confronto con quanto accade nei Paesi vicini. In particolare in Francia e in Germania.
«In Francia - scrive Tina Anselmi nella sua introduzione -, ad esempio, su proposta della "Mission Matteoli" (Commissione analoga alla nostra) il Governo ha insediato una Commissione incaricata di procedere agli indennizzi alle vittime delle leggi antisemite, colmando in tal modo le lacune delle restituzioni del dopoguerra.
La Germania ha creato una Fondazione (Memoria, responsabilità e futuro) e ha istituito un Fondo federale di 10 miliardi di marchi (la Commissione ha concluso i lavori nel 2001) per l'indennizzo di vittime di lavori forzati o ridotte in condizioni di schiavitù durante il regime nazista al quale l'industria e il Governo tedesco contribuiranno con 5 miliardi di marchi ciascuno.

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