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Questo articolo è stato pubblicato il 08 marzo 2013 alle ore 15:36.

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Cinque giorni di confronto serrato per trovare un compromesso sulla data del conclave: potremmo aver assistito a una prova generale molto attendibile per la sessione vera, che si terrà da martedì pomeriggio in Cappella Sistina. E non sarebbe sorprendente se il compromesso "vero" fra i 115 elettori - quello sull'elezione del nuovo Papa - si rilevasse più' rapido e meno problematico di quello maturato nell'ottava congregazione generale.

La conferma o meno della data di lunedì 11 marzo per l'inizio del conclave e- diventata rapidamente la palestra metaforica dei ruvidi approcci tra "ala curiale" e schieramento riformista: che - negli annali del conclave 2013 - sarà quasi sicuramente etichettato come "partito americano".

Ci sono pochi dubbi che il rinvio dell'avvio del conclave - anche se di sole 24 ore - sia stato simbolica di un riconoscimento strappata ai curiali (che potevano contare sul decano Angelo Sodano, e sul camerlengo Tarcisio Bertone) da parte dei porporati che più hanno premuto, in questi giorni, per un chiarimento effettivo su tutti i temi caldi dell'agenda ecclesiale. In breve: lo spostamento della data (anche se tuttora "abbreviata" come suggerito dal motu proprio di Benedetto XVI) è stato dunque il "punto del pareggio" dopo la sospensione pretesa dai curiali per gli aggressivi briefing tenuti per quattro giorni ai cardinali americani.

Ma ormai è definitivamente chiaro che gli 11 compatti cardinali statunitensi, non erano affatto soli in congregazione e non lo saranno in conclave. Nonostante gli sviluppi, è però poco probabile che puntino su uno di loro: come l'arcivescovo di New York, Tim Dolan, o Sean O'Malley, di Boston, pur ormai popolarissimi. L'ipotesi più' accreditata resta che sostengano un candidato europeo, con reali chance di approdare a una mediazione effettiva con l'ala curiale.

E su questo piano i "rumor" hanno rilanciato la papabilità dell'italiano Angelo Scola, arcivescovo di Milano: figura che, al pari di Giovanni Battista Montini nel 1963 - puo' vincere/convincere la Curia sulla spinta di grandi vescovi internazionali. Dettaglio non marginale: un papa italiano favorirebbe la designazione di un segretario di Stato non italiano, che probabilmente sarebbe un risultato ancor più interessante per i riformatori.

Se invece il compromesso finale richiedesse comunque un pontefice non italiano - con un ricambio italiano in Curia - allora un nome molto citato e' quello dell'arcivescovo ungherese Peter Erdo: fra l'altro dottrinalmente vicino alla "scuola Ratzinger". In lizza per il ticket sarebbe allora il cardinale Claudio Piacenza, attuale prefetto della Congregazione per il clero.

L'ultima parola, prima dell'"extra omnes" di martedì pomeriggio, sarà alla "Missa pro romano pontifice eligendo" celebrata in mattinata dal cardinal Sodano: che però a differenza di Joseph Ratzinger otto anni fa, non entrerà poi in Sistina. Non è escluso che il copione sia inizialmente diverso: un"omelia meno "radicale" di quella di Ratzinger nel difendere la centralità della Curia come "guardiana della dottrina della fede"; e un conclave più concertato di quello del 2013, nel quale il cardinale tedesco cominciò a vincere per "no contest" fin dal primo scrutinio serale.

Papa Benedetto XVI fu comunque eletto in quattro scrutini: tutti gli ultimi conclavi - anche i più' combattuti come il '63 e il secondo del '78 - hanno comunque visto i cardinali preoccupati di non apparire spaccati. È andata così anche al termine dell'inedita "settimana romana dei cardinali yankee".

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