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Questo articolo è stato pubblicato il 13 marzo 2013 alle ore 22:12.

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Il nuovo Pontefice, Mario Jorge BergoglioIl nuovo Pontefice, Mario Jorge Bergoglio

Commozione, stupore e poi una tranquilla felicità lo hanno accolto quando è apparso dalla Loggia di San Pietro: una grande e doppia sorpresa è uscita dal conclave che ha scelto il cardinale argentino Mario Jorge Bergoglio, gesuita di origini piemontesi, arcivescovo di Buenos Aires. Ma è una sorpresa relativa: nel 2005 fu il più votato dopo Ratzinger, quando già allora si guardava a un Pontefice extraeuropeo che rappresentasse meglio la distribuzione demografica del miliardo e 200 milioni di cattolici nel mondo. Non è causale che il suo primo atto sia stato quello di invitare a pregare per Ratzinger, il Papa emerito che si trova a Castelgandolfo.

Bergoglio non era certo il favorito tra i cardinali americani ed è anche il primo Papa della storia a chiamarsi Francesco, come il poverello di Assisi. Un nome impegnativo ma che è già un'indicazione forte della sua personalità e di come la pensa: vuole essere il Papa degli umili, dei semplici. La Chiesa deve togliersi gli orpelli, lui lo ha fatto subito levandosi la stola.

Anche la scelta del nome non è davvero casuale: il nuovo Papa in Argentina è conosciuto come padre Bergoglio, il prete dei "barrios", dei quartieri più miserabili delle grandi città argentine, attento ai problemi sociali, al messaggio della Chiesa dei poveri. E un messaggio lo ha inviato subito portando sul petto non la croce dei Papi ma una molto più semplice e piatta, senza pietre preziose e ornamenti.

Il nuovo Pontefice è sobrio, vicino alla gente comune, forse sarà la guida di una Chiesa che vuole tornare alle origini. Ma non appare come un Papa di mediazione: questa volta il conclave ha decisamente guardato oltre l'orizzonte della Curia, con una scelta che tenta di dare una sterzata dopo i giochi di potere e gli scandali che hanno turbato negli ultimi mesi la Chiesa romana e cattolica.

Ma questa soprattutto è la prima volta sul soglio di Pietro non solo di un gesuita e di un Papa che si chiama Francesco ma di un Pontefice latino-americano, un'area dove il Brasile è la maggiore comunità cattolica del mondo, una novità non solo pastorale ma anche geopolitica. Sale in primo piano la comunità cattolica ispanica i cui confini come sappiamo vanno ben oltre il Sud e il Centro America ma si espandono nel Nord, fino agli Stati Uniti, che infatti hanno accolto con grande interesse l'elezione di Papa Bergoglio, e forse la temono un po' perché Frascesco non farà sconti a nessuno: è l'esponente di una Chiesa sociale che non ama per niente il capitalismo selvaggio.

Lo dice lui stesso in un'intervista di un paio di anni fa alla rivista cattolica "Trenta Giorni": "Il nuovo imperialismo del denaro toglie di mezzo addirittura il lavoro, che è il modo in cui si esprime la dignità dell'uomo, la sua creatività, che è l'immagine di Dio. L'economia speculativa insegue l'idolo del denaro che si produce da se stesso. Per questo non si hanno remore a trasformare in disoccupati milioni di lavoratori".

Questo è un Papa che conosce il mondo del lavoro: prima di entrare in seminario fu perito chimico e da ecclesiastico è stato immerso nella realtà della crisi economica argentina e sudamericana. Papa Francesco sa usare parole taglienti per descriverla: "C'è stato in questo tempo - ha dichiarato Bergoglio - un vero terrorismo economico-finanziario. Che ha prodotto effetti facilmente registrabili, come l'aumento dei ricchi, l'aumento dei poveri e la drastica riduzione della classe media. E altri meno congiunturali, come il disastro nel campo dell'educazione. In città e nei barrios intorno a Buenos Aires ci sono due milioni di giovani che non studiano né lavorano. La Chiesa è contraria al modo barbaro in cui si è compiuta la globalizzazione economicistica".
Ma non c'è soltanto questo nella storia del nuovo Papa, quando si scaverà nella sua biografia emergeranno anche i dubbi e le zone d'ombra, in primo luogo le vicende che negli anni'70 segnarono la Chiesa cattolica argentina nei rapporti, a volte assai complici, con la dittaura dei generali e di Jorge Videla. Non ne sappiamo abbastanza, ma forse non mancherà qualche polemica.

Oltre alla biografia del nuovo Papa è utile capire la direzione che vuole intraprendere la Chiesa del dopo Ratzinger, la prospettiva e il messaggio che il collegio cardinalizio intende lanciare con questa scelta. A partire dalle grandi questioni che affliggono "il corpo malato della chiesa di Cristo", il dialogo interreligioso con le altre confessioni, il rapporto con l'Islam, le tematiche teologiche e culturali con il mondo moderno, la crisi dei valori e dell'identità dell'uomo d'oggi, le gravi difficoltà economiche e politiche delle nazioni, e poi gli scandali interni alla Chiesa di Roma, la pedofilia, Vatileaks, la gestione della Curia e dello Ior. Un "habemus Papam" che è un'agenda assai globalizzata dei lancinanti problemi che hanno davanti non solo i cattolici ma i cittadini del mondo.

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