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Questo articolo è stato pubblicato il 04 maggio 2013 alle ore 17:00.
L'ultima modifica è del 04 maggio 2013 alle ore 11:06.

Il Pd: Micciché fuori dall'esecutivo
Ora però si rischia una sovrapposizione con Gianfranco Micciché, neo sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alla Pubblica amministrazione e Semplificazione. «Con il ministro D'Alia non avevamo ancora stabilito quali deleghe mi sarebbero state attribuite - afferma Miccichè - Ora naturalmente ne discuteremo anche con Biancofiore, ma sono sicuro che non ci saranno assolutamente problemi». Da palazzo Chigi ricordano che la presenza di due sottosegretari con le stesse deleghe è una situazione che comunque si può verificare. Dal Pd intanto arriva la richiesta del deputato Dario Ginefra di mettere Miccichè fuori dall' esecutivo dopo l'intervista in cui il parlamentare siciliano parla di una sua «risurrezione grazie a Cav e Dell'Utri».

Scoppia anche un caso Lorenzin
Scoppia anche un caso Lorenzin. Il presidente dei senatori del Pd, Luigi Zanda, commenta la notizia pubblicata da alcuni quotidiani di un vertice tra il neoministro Lorenzin e il Pdl sulla sanità del Lazio. «Vorrei ricordare al ministro che lei sta al governo sostenuta da una maggioranza ben definita e non dal solo centrodestra - scrive in una nota -. Ci sono regole dentro una coalizione di governo che vanno rispettate. Prima di incontrare i rappresentanti del suo partito, ignorando quelli delle altre forze politiche della maggioranza, avrebbe dovuto incontrare le istituzioni regionali che governano la sanità nel Lazio». Lorenzin smentisce che ci sia stato un incontro di questo tipo. «In merito alla nota del presidente dei senatori del Pd Luigi Zanda e successivi interventi, precisiamo che il Ministro Lorenzin non ha tenuto alcun vertice con i parlamentari del Pdl e nessun vertice avente per oggetto la sanità nel Lazio», replica una nota dell'ufficio stampa della ministro.

Il nodo Imu e l'ipotesi di ripescare la tassa di servizio
Nel caso dell'Imu, l'ipotesi che si è fatta strada nelle ultime ore è quella che passa per il ripescaggio della "service tax", ossia dell'imposta unica che assembli il prelievo comunale sugli immobili, quello sui rifiuti e quello sui servizi. I dettagli dell'intervento su questa imposta saranno definiti nei prossimi giorni. Lo stop alla rata di giugno, come spiega Il Sole 24 Ore di oggi, riguarda 20 milioni di case, in cui abitano oltre 45 milioni di italiani. In un'intervista a La Stampa il viceministro dell'Economia Stefano Fassina ricorda che l'Imu - la cancellazione di quella sulla prima casa e la restituzione di quanto già versato è, secondo il Pdl, una questione "dirimente" per il sostegno al governo - «è solo una delle tante voci che pesano sulle famiglie. Evitiamo guerre di religione, l'obiettivo é aumentare il potere d'acquisto».

Sulla Convenzione per le riforme è già lite: il Pd boccia Berlusconi
L'altro scoglio per il governo Letta è rappresentato dalla Convenzione delle riforme, sulla cui presidenza si è assistito ieri a una vera e propria prova di forza tra Pd e Pdl, con Silvio Berlusconi che si è candidato a presiederla, ma prima il viceministro dell'Economia Stefano Fassina, poi il rottamatore Matteo Renzi e per ultimo Water Veltroni hanno chiuso a questa ipotesi, destando l'ira del Popolo della libertà: non accettiamo veti. Renato Brunetta attacca a testa bassa, e avverte che «senza Berlusconi è impossibile la pacificazione nazionale. Senza Berlusconi non c'è coalizione di governo». «Fassina? Èviceministro per un errore. In realtà avevano chiamato Fassino ma c'è stato un refuso, hanno sbagliato vocale. Lui è un refuso, un errore nell'organigramma», afferma Maurizio Gasparri, Pdl, vicepresidente del Senato, a La Zanzara su Radio 24.

Maroni: se Convenzione non parte passeremo all'opposizione
Lo scontro sulla Convenzione mette a rischio il governo Letta? «Temo di sì», risponde il segretario della Lega Nord e governatore della Lombardia Roberto Maroni. «Noi abbiamo dato un'apertura di credito al governo Letta essenzialmente sulla Convenzione - ricorda il governatore della Lombardia -. Se parte bene, altrimenti passeremo all'opposizione». «Tutto si può discutere, ma nessuno ha il diritto di porre veti o pregiudiziali sulle persone, tantomeno su chi ha reso possibile la nascita di questo governo come del resto di quello precedente», rincara Sandro Bondi. Insomma, la Convenzione non è ancora nata ma è già terreno di scontro. In un'intervista a La Repubblica il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli spiega che «porre oggi il tema della presidenza equivale a dire che la Convenzione per le riforme non si farà mai. Un discorso perverso» (An.C.).

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