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Questo articolo è stato pubblicato il 04 luglio 2013 alle ore 07:34.

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(Afp)(Afp)

In attesa di insediarsi in giornata come nuovo presidente della Repubblica ad interim, in sostituzione dell'islamista Mohamed Morsi deposto ieri dai militari con un colpo di stato, il presidente della Suprema Corte Costituzionale egiziana, Adli Mansour, ha frattanto prestato giuramento in tale qualità, assumendo così a tutti gli effetti la guida della stessa consulta: finora l'alto magistrato rivestiva infatti a titolo soltanto provvisorio anche tale incarico. Mansour è stato designato dalle Forze Armate come capo dello Stato al posto di Morsi nell'ambito della loro 'roadmap', il piano d'intervento messo a punto per gestire la fase di transizione in Egitto, in vista delle future elezioni anticipate.

IL CAIRO - In televisione nell'ora di massimo ascolto, sui grandi schermi in tutte piazze del Paese presidiate dagli oppositori e in quelle dei favorevoli a Morsi, appare l'Egitto riappacificato. Parla il generale Abdel Fatah al-Sisi, capo di stato maggiore e ministro della Difesa: il deus ex machina di queste giornate. Alla sua destra altri generali, Mohamed elBaradei, altri dirigenti laici in borghese. Alla sinistra il Grande Imam di al-Azhar Ahmed el-Tayyeb, e il papa copto Tawadros II. E' il Paese laico e religioso del dopo-fratellanza islamica.

Probabilmente è un golpe. Forse no, se al passaggio degli elicotteri militari piazza Tahrir esplode in un tripudio di bandiere e mortaretti come in un giorno di festa. Mohamed Morsi "non ha più nelle sue mani il potere esecutivo". Morsi è stato trasferito all'alba al ministero della Difesa, mentre tutto il suo staff resta agli arresti in un edificio militare. Per lui e altri otto leader dei Fratelli musulmani è scattato il divieto di espatrio, con l'accusa di «offese alla magistratura». Intanto, violenti scontri hanno avuto luogo nella notte in alcune delle principali città del paese: secondo l'ultimo bilancio ufficiale, almeno quindici persone sono morte. All'ex presidente e alla leadership dei Fratelli musulmani è impedito di espatriare, i militari occupano la televisione di Stato, presidiano i luoghi dove sono radunati i sostenitori del movimento islamico che potrebbe essere messo fuori legge. Tutto questo costerà qualcosa agli Stati Uniti e all'Europa che avevano puntato sull'Islam politico per la stabilizzazione dell'Egitto. Ad aver reagito bene, in compenso, sono i mercati: l'indice Egx-30, la borsa del Cairo, è volato a +7,3% (picchi del 10 in mattinata) perché gli analisti «si sentono più sicuri con i militari al governo».

Forse quella di Morsi non era una vera democrazia. Si era assunto poteri straordinari, ignorando la voce delle opposizioni, probabilmente pensando più agli interessi religiosi del suo movimento che a quelli della nazione. Ma ieri sera si è chiusa la prima presidenza più vicina a qualcosa di democratico della storia egiziana: è durata poco più di un anno e nessuno può dire cosa verrà dopo. La Primavera egiziana torna al punto di partenza.

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