Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 14 agosto 2013 alle ore 20:10.

My24
Perché Al Sisi non è Nasser ma questo è un (vero) colpo di stato

Rimuovere un dittatore è più facile che rimpiazzarlo: è la lezione di questa contro-primavera araba che in Egitto ha imboccato una svolta drammatica con l'azione decisa dai generali sradicatori degli islamici e dal loro uomo forte, Abdel Fattah Al Sisi che per la verità di somiglianze con il laico Nasser ne ha assai poche, a partire dal fatto che le donne della sua famiglia sono tutte velate, cosa che Nasser avversava, così come era contrario a ogni rinascita del Califfato. Al Sisi, come Nasser, è un feroce avversario degli islamici che non si sottomettono alle Forze Armate ma lui stesso è un musulmano rigido e conservatore che propone la sua versione militarizzata della religione.

I Fratelli Musulmani pagano con il sangue i loro errori, tra i quali il principale è stato quello di disperdere i grandi consensi conquistati regolarmente alle urne, inimicandosi con il loro progetto egemonico una parte consistente della popolazione che si è rivoltata invadendo piazza Tahrir. Questa però è già una fase morta e sepolta della rivoluzione egiziana.

Una cosa è certa: al comando in Egitto non c'è una democrazia ma un regime pretoriano e i generali, con l'appoggio delle folle di Tamarrod, hanno condotto un colpo di stato che rischia di precipitare il Paese in uno stato di conflittualità permanente, oltre che nella spirale dello stato d'emergenza e del coprifuoco che accompagnano ogni azione repressiva su larga scala.

Hanno detto subito una grossa e impietosa bugia alla quale hanno creduto, o mostrato di credere, i loro alleati, come il moderato El Baradei - che si è dimesso dalla vice-presidenza - e la diplomazia internazionale: che volevano lavorare per la riconciliazione nazionale. In realtà aspettavano il momento giusto per cacciare i Fratelli Musulmani, oltre che dal potere, dalle piazze e dal quadro politico del Paese.

Lo stesso partito salafita al Nour, che ha appoggiato l'ascesa dei militari, è alle corde: dovrà dimostrare le ragioni di questa scelta alla sua base islamica, ancora più integralista di quella dei Fratelli Musulmani. Le motivazioni tattiche, sia pure giustificabili, rischiano di naufragare nella violenza.

La responsabilità degli eventi è in primo luogo dei militari, anche se i Fratelli Musulmani hanno dimostrato di essere incapaci di avviare un negoziato concreto con le loro richieste fuori dalla realtà, come il ritorno senza condizioni allo stato precedente il colpo di stato.

Le conseguenze di questi eventi vanno ben oltre il Cairo e l'Egitto. La contro-privamavera araba sta vivendo momenti drammatici anche in Tunisia e in Libia, per non parlare della Siria, da due anni nel gorgo della guerra civile. Al Bardo di Tunisi a migliaia sono in piazza per chiedere la fine del governo di coalizione guidato dal partito islamico Ennhada, a Tripoli e Bengasi la tensione è costante. Al Qaida è in azione da tempo in Cirenaica, con il sostegno dei movimenti jihadisti, e adesso sta tentando di penetrare in Tunisia per approfittare dell'instabilità crescente. E c'è soltanto da immaginare cosa potrà accadere anche in Iraq, in Libano o in Giordania, dove i massacri dei musulmani egiziani diventeranno un altro elemento nel caos generale.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi