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Questo articolo è stato pubblicato il 27 agosto 2013 alle ore 18:24.

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Tra Sentier e dintorni - oltre agli store di Apple e eBay - ci sono le sedi di Free e di Meetic, di Deezer e PriceMinister (il marketplace con il sito garante della compravendita creato da Pierre Kosciusko-Morizet, fratello della candidata della destra alle comunali di Parigi dell'anno prossimo, Nathalie). C'è il quartier generale europeo di Google, aperto nel 2010 con un investimento di 100 milioni. C'è la nuovissima sede di Criteo, leader mondiale della pubblicità mirata (in sei millesimi di secondo fanno comparire sul sito che hai appena aperto la pubblicità di un prodotto per il quale hai mostrato interesse nell'ultimo mese). C'è La Cantine, il primo spazio parigino di co-working.

Questa vera e propria frenesia da start up degli ultimi anni è ovviamente merito dei privati, ma il pubblico non è certo stato alla finestra. Fin dalla sua prima elezione a sindaco, nel 2002, Delanoë ha scommesso sull'economia digitale. Ma c'è stata un'accelerazione nel 2008, con l'arrivo di Missika (ex vicepresidente di Iliad) e la decisione di riversare su questo settore gli investimenti già programmati per le Olimpiadi 2012 (assegnate a Londra). Risultato: 600 milioni nel primo mandato e 1 miliardo nel secondo, con la realizzazione di 27 incubatori per 100mila metri quadrati totali, in grado di accogliere fino a 800 start up.

È proprio in uno di questi, Agoranov, che ha preso forma, nel 2005, Criteo. La success-story della collaborazione pubblico-privato. Attiva dal 2008, dopo tre anni di ricerca sugli algoritmi, ha chiuso il 2011 con 140 milioni di fatturato (per il momento la società, che si prepara alla quotazione, non fornisce cifre più aggiornate) e ha 800 dipendenti (350 a Parigi, gli altri nei 15 centri sparsi nel mondo, quattro dei quali negli Stati Uniti), tra cui 300 ingegneri.

Già, gli ingegneri. Eccolo, uno dei punti di forza di Parigi, forse il principale. «In Francia - spiega Olivier Mathiot, co-fondatore di PriceMinister - c'è sempre stata una grande valorizzazione della cultura scientifica e abbiamo ottime università di ingegneria. Oltre che di matematica. Con una fortissima concentrazione a Parigi».
Non scordiamoci che qui è nato, alla fine degli anni Settanta, il Minitel, in qualche modo un antenato del web. E che l'inventore delle carte con il chip, nel 1974, è stato un francese.

«Abbiamo pure eccellenti università commerciali e di marketing - aggiunge Mathiot - che in questi ultimi anni hanno lavorato molto e bene nello sviluppare spirito imprenditoriale tra i giovani. C'è poi stato un effetto d'imitazione, moltiplicatore, con il successo di alcuni imprenditori dell'internet economy». E dell'hi-tech in genere, con società che hanno ormai abbandonato da tempo lo status di start up. Realtà come Dassault Systèmes, leader nella digitalizzazione e nel 3D. O Gemalto, numero uno mondiale delle carte a chip, che da pochi mesi ha spodestato Alcatel Lucent dalla lista del Cac40. O ancora il sito di video Dailymotion, sul quale ha messo gli occhi Yahoo! per fare concorrenza a YouTube di Google.

«Tra le debolezze - prosegue Mathiot, che è stato uno degli animatori del movimento dei "piccioni" contro la supertassazione delle plusvalenze sulle cessioni d'impresa - c'è una fiscalità dissuasiva e instabile. Anche se forse qualcosa sta cambiando, almeno al ministero dell'Economia».

«Non sono mica scemi», dice Missika. «Sanno benissimo che questi giovani possono andare a farsele da un'altra parte, le loro start up. Sono sicuro che l'anno prossimo ci sarà un'inversione di rotta sulle Pmi innovative».

Chissà, forse lo status particolare che auspica il fondatore di Criteo Jean-Baptiste Rudelle. In modo, per esempio, da poter distribuire azioni gratuite senza oneri, una necessità per le start up e per trattenere e coinvolgere i talenti. Anche se Rudelle, pur riconoscendo i vantaggi competitivi di Gran Bretagna o Stati Uniti, non si lamenta affatto. Anzi. «Bisogna distinguere - spiega - tra fiscalità sui redditi personali e sulle società. Per le piccole imprese ad altissima tecnologia, che fanno molta ricerca, com'è il nostro caso, il trattamento fiscale francese, tra tassi agevolati e credito d'imposta, non è per niente male. Il vero valore aggiunto di Parigi è però quello delle risorse umane e delle competenze tecnologiche. A Parigi trovo tutti gli ingegneri che voglio, ben preparati, poco costosi e fedeli. A Palo Alto sono pochi, costosi e mobili».

La capitale francese è invece nettamente in ritardo sul terreno del venture capital: i grandi fondi stanno a Londra, oppure sono americani che privilegiano comunque il mercato inglese. Per ragioni storiche e, ancora una volta, fiscali. Qualcosa sta cominciando a muoversi con i fondi d'investimento creati da molti degli imprenditori di successo del web, che spesso hanno rivenduto a caro prezzo le loro società (Simoncini e Kosciusko-Morizet). Grazie a loro, ai Niel e ai Granjon, sono ormai centinaia le start up che hanno ricevuto un aiuto finanziario per provare a decollare. Un primo passo. Insieme alla Tech City, Parigi ha urgente bisogno di creare un ambiente più accogliente per investitori che oggi sono troppo spaventati dal fisco, dalla burocrazia, dalle rigidità del mercato del lavoro. Per essere una vera capitale della nuova economia non basta essere digital friendly, bisogna anche essere business friendly.

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