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Questo articolo è stato pubblicato il 27 agosto 2013 alle ore 18:24.

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Piccole Silicon Valley all'italiana crescono, senza attendere il Governo

H-Farm a Treviso, Boox a Milano e The Net Value a Cagliari. Sono queste alcune piccole Silicon Valley all'italiana, luoghi dove nascono e si coltivano idee imprenditoriali innovative. Fanno di tutto per sfatare il mito che l'Italia non sia una start up nation. "Dovrà diventarlo", dicono i giovani imprenditori italiani. Portano avanti i loro progetti, sfidando le difficoltà di un mercato incapace di cavalcare la crescita, ma in grado di fare rete e aggregare competenze. Le start up italiane per il momento corrono da sole, in attesa che il Governo dia forma (e sostanza) al quadro di riforme necessario per far decollare i loro business.

NON E' UN PAESE PER START UP
Nessuna città italiana è rientrata nella top 20 della classifica di Startup Genome sulle Silicon Valley nel mondo: il report identifica gli ecosistemi dell'innovazione più attivi al mondo e li valuta in base ai dati caricati da oltre 50mila start up su StartupCompass, una piattaforma che consente agli imprenditori di misurare e monitorare le proprie performance secondo diversi criteri. Solamente Milano si posiziona all'interno della top 40, segno di quanto l'Italia debba recuperare rispetto al resto del mondo per diventare culla dell'innovazione.

A frenare la formazione di hub innovativi sul territorio è l'assenza di un tessuto imprenditoriale ed economico fertile. Per le start up italiane i costi fissi nei primi anni di vita, in assenza di ricavi, sono troppo elevati. Insieme all'esborso necessario per le assunzioni, sono tra le problematiche più citate dagli startupper. I rapporti fra giovani innovatori italiani e investitori internazionali, inoltre, risultano proibitivi a causa della scarsa presenza di fondi locali che facciano da ponte: chi investe dall'estero tende a farsi accompagnare nel mercato di riferimento dai veicoli locali e in Italia manca una presenza strutturata in questo senso. Infine mancano fondi di garanzia e politiche di sostegno pubblico, senza contare che le aziende più strutturate del made in Italy sono poco inclini ad acquisire realtà ad alto contenuto innovativo in un'ottica di accelerazione.

LE SILLICON VALLEY ALL'ITALIANA
Nel frattempo, però, sul territorio nazionale la nuova generazione di imprenditori ha capito che mettersi in rete e creare un ecosistema è fondamentale per decollare. È così che sono nati i primi aggregatori di idee innovative sul territorio nazionale, incubatori ed acceleratori di impresa. Ad esempio H-Farm, la fattoria delle start up fondata da Riccardo Donadon a Treviso, è un venture incubator con la missione di accelerare lo sviluppo di start up legate a internet, attraverso una combinazione di seed capital e servizi di incubazione. Da qui sono decollate realtà come Zoopa, Bigrock e ReePlay. Con sede a Milano e a Salerno, invece, l'incubatore e investitore early stage Digital Magics è appena sbarcato in Borsa: "La quotazione di un venture incubator in Italia rappresenta un momento importante per la nostra economia digitale", ha detto il suo fondatore Enrico Gasperini, convinto di ricoprire con questa operazione un ruolo importante nel consolidamento del venture capital in Italia. Dalla sua fondazione Digital Magics ha investito circa 10 milioni e creato 35 start up per circa 300 posti di lavoro. Spostandosi a Firenze si incontra Nana Bianca, incubatore fondato dall'ideatore di Dada, Paolo Barberis, con lo scopo di attrarre giovani società in cerca di un luogo dove mettere alla prova i propri prodotti: intorno al polo gravitano la start up di e-commerce Buru Buru e anche Timbuktu. A Milano tra i luoghi più conosciuti dagli startupper c'è l'incubatore Boox dove è nata Cortilia, che consegna frutta e verdura a chilometro zero. A Roma, invece, la casa dell'innovazione di Enlabs ospita la piattaforma dei progettisti CoContest e Mindigno. Infine The Net Value a Cagliari fornisce supporto strategico e gestionale ad aziende di ogni dimensione che vogliono sviluppare progetti nel digitale e ha sostenuto realtà come Paperlit e Moneyfarm.

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