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Questo articolo è stato pubblicato il 27 agosto 2013 alle ore 18:24.

«In Estonia - dice Anna Piperal, dell'Ict Demo center - non abbiamo il petrolio, la nostra risorsa naturale è la società digitale». Liberatasi dal giogo sovietico, l'Estonia ha visto nella costruzione di una società informatizzata la via per recuperare il ritardo con l'Occidente. Lo Stato ha investito nelle infrastrutture, ma anche e soprattutto nell'educazione e motivazione dei cittadini al loro utilizzo. «Un'infrastruttura It non serve a nulla se la gente non la usa», commenta Piperal. Così in Estonia, le banche, per prime, offrono corsi di formazione per l'utilizzo dei conti online, soprattutto agli anziani.
La familiarizzazione con le tecnologie di frontiera parte alle elementari, dove si studia programmazione. «Già a 10-11 anni - spiega Enel Mägi, amministratore delegato della Tiger Leap Foundation - si fa conoscenza con la robotica, ma abbiamo un programma pilota per i bambini di 5-6 anni». Fondata nel 1996 dagli attuali ministro dell'Istruzione e Presidente della Repubblica, il suo primo compito è stato portare internet in tutte le scuole: obiettivo centrato in tre anni. La fondazione è diventata il motore dell'alfabetizzazione informatica della popolazione, studenti e soprattutto insegnanti, con una formazione continua. «La nostra idea - aggiunge Signe Rosin, capo dell'Ict awareness rising - è che le persone non siano semplici utenti delle tecnologie, ma soggetti creativi».
Ecco perché l'Estonia, il secondo Paese più povero dell'Eurozona, è anche il primo per start up pro-capite. L'economia delle nuove tecnologie vale due miliardi, il 10% del Pil, e le sue 2mila società Ict, spesso micro imprese, danno lavoro a 17mila specialisti. A gennaio, il Governo ha creato una nuova figura, il vice cancelliere per l'It, incaricato dello sviluppo digitale del Paese, con l'obiettivo di portare a 75mila gli addetti nel settore entro il 2020. Tra gli ostacoli, paradossalmente, c'è la mancanza di specialisti, un fenomeno dovuto a molte cause: «Una - spiega Mägi - è che tanti vanno a lavorare all'estero, dove vengono pagati molto di più». In Estonia, gli stipendi medi ammontano 916 euro al mese, nella "ricca" Tallinn pochi superano i 1.500 netti e questo spinge molti a spostarsi sull'altra sponda del Baltico, in Finlandia. Così le aziende sono costrette a cercare per sei, dodici mesi prima di riuscire a trovare i tecnici che cercano.
Il settore comunque continua a crescere e gli estoni sono così fieri dello loro smart businesses da metterle in mostra nella Tallinn Tv Tower: molto più di un'attrazione turistica, un simbolo dell'indipendenza dall'Urss. «Quando nel 1991 Mosca inviò l'esercito - racconta la direttrice Riina Roosipuu - i cittadini fecero il possibile per difenderla e tenere attive le comunicazioni con l'Occidente». In questo che oggi è una sorta di museo hi-tech, c'è uno spazio riservato alle nuove smart businesses di successo.
Per tutte, il punto di partenza è stata un'idea. Come quella che racconta Ottavio Cambieri, nel coworking space di Garage 48 Hub, la «casa delle start up» di Tallinn. Partito da Ponte Lambro, passato per lo Iulm di Milano, Cambieri, è arrivato a Tallinn con l'Erasmus e si è laureato con una tesi su Skype. «Poi - racconta - sono rientrato in Italia, ma c'era troppo pessimismo. Quindi sei anni fa sono tornato a Tallinn, dove la gente ha voglia di fare e senza tanti soldi si avvia un'impresa». Come The Mo'Joes, l'agenzia di soluzioni interattive per eventi che Cambieri, 29 anni, ha messo su con Mathieu Hingant, 28enne francese, e Andrius Ziuraitis, 25enne lituano. «Siamo partiti con un investimento iniziale di 45 euro».
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