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Questo articolo è stato pubblicato il 06 novembre 2013 alle ore 07:36.

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A prestar fede al pentito Carmine Schiavone, il grande scempio ambientale dei rifiuti interrati nelle viscere della terra avrebbe trovato scarsa sensibilità da parte di magistrati, forze dell'ordine e istituzioni locali in questi anni. Perché, è la sua versione, pur conoscendo nei dettagli lo scenario apocalittico delle falde acquifere inquinate da scorie tossiche e radioattive, nessuno dei soggetti deputati a intervenire avrebbe mosso un dito. Lasciando le province di Napoli e di Caserta esposte a un livello letale di avvelenamento.

La realtà, a leggere gli atti giudiziari, è ben diversa: da metà degli anni Ottanta, le Procure di Napoli e di Santa Maria Capua Vetere hanno ingaggiato una lunga ed estenuante battaglia contro quest'infame business. I pm hanno aperto inchieste, fatto arresti, scavato – e non solo in senso metaforico – alla ricerca del filone giusto che portasse a neutralizzare il fenomeno del traffico di rifiuti gestito dai Casalesi.

I risultati, piuttosto, sono stati sconfortanti perché solo in rarissimi casi si è giunti a sentenze di condanna. Per dirne una, nel 2000, i magistrati aprono un fascicolo – ribattezzato "Cassiopea" – sulle discariche abusive gestite da imprenditori collusi coi tagliagole casertani. È un processo monumentale: 100 faldoni, migliaia di intercettazioni telefoniche, pedinamenti, decreti di sequestro, ricostruzioni e perizie. Che muore però ancor prima di venire alla luce. Il 16 settembre 2011, il gup Caparco dichiara la prescrizione per tutti gli imputati perché, in un decennio, i ritardi e i conflitti di competenza hanno azzoppato l'indagine.

Dunque, la questione non è tanto la presunta inerzia degli organi inquirenti, ma la qualità investigativa del lavoro fatto. Perché, allora come oggi, gli indizi c'erano. E in abbondanza. Solo che, per chissà quali ragioni, l'ecomafia è stata trattata come un'emergenza di serie B.
D'altronde, basta guardare le date.

Il 4 febbraio 1991, il camionista Mario Tamburrino si presenta alla clinica Pineta Grande di Castel Volturno accusando un vistoso calo della vista dopo aver trasportato un carico di rifiuti tossici che i pm scoprono essere stato intombato in un terreno dalle parti di Villaricca, nel Napoletano. L'uomo diventa cieco poco tempo dopo, ma è solo due anni dopo (14 marzo 1993) che i pm fanno scattare le manette per 116 indagati.

È l'inchiesta "Adelphi", quella in cui spuntano per la prima volta l'ombra della P2 e i rapporti tra i Casalesi e Licio Gelli. Il 28 settembre successivo, vengono accolte solo 10 richieste di rinvio a giudizio sulle venti proposte: tra cui quella a carico del boss Francesco Bidognetti. Il padrino Francesco Schiavone Sandokan viene invece prosciolto; ancor prima, il Riesame aveva addirittura annullato l'ordine di arresto nei suoi confronti.

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