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Questo articolo è stato pubblicato il 31 dicembre 2013 alle ore 06:47.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 11:17.

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Incassata la sconfitta sulla tempistica dell'aumento di capitale, Alessandro Profumo e Fabrizio Viola hanno preso qualche giorno di pausa. E di riflessione. Se decidessero di lasciare Siena, considerando il voto degli azionisti come una bocciatura nei loro confronti, per Banca Mps si aprirebbe una transizione delicata.

Profumo e Viola hanno infatti guidato la ristrutturazione del gruppo negli ultimi due anni e il loro lavoro è servito anche ai magistrati che stanno indagando sulla passata gestione: sono i manager che hanno rimediato al deficit patrimoniale della banca emettendo nel 2012 i Monti bond, che hanno messo a punto il piano approvato da Bruxelles e dimostrato di trovare consenso presso gli investitori internazionali. Non a caso la Fondazione Mps e le istituzioni chiedono loro di rimanere.
«Certe decisioni si prendono a sangue freddo», ha detto Profumo durante l'assemblea di sabato scorso. È dunque probabile che i due manager chiariranno il loro futuro solo in occasione del prossimo consiglio d'amministrazione del Monte, dopo Befana. Se lasceranno, o uno solo dei due deciderà di farlo, i nomi che già (inevitabilmente) circolano per la sostituzione sono quelli di Carlo Salvatori e Divo Gronchi, con l'attuale direttore finanziario Bernardo Mingrone come possibile futuro direttore generale.
Salvatori, 72 anni e una laurea in scienze bancarie proprio a Siena, è un banchiere esperto che è stato ai vertici di Intesa, Unicredit, Mediobanca e Unipol, e attualmente è presidente di Banca Monte Parma (gruppo Intesa Sanpaolo)e Lazard Italia, quest'ultima advisor della Fondazione Mps nella ricerca di investitori a cui cedere quote di Montepaschi. Anche Gronchi (classe 1939) è uno dei banchieri italiani più esperti e stimati, avendo guidato oltre allo stesso Monte (lasciò come direttore generale all'arrivo di Vincenzo De Bustis, nel 2000) sia la Popolare di Vicenza che Banca popolare italiana. Attualmente è amministratore delegato della Cassa di Risparmio di San Miniato.
Ma, più che i nomi, è in discussione la prospettiva strategica. Profumo e Viola guardano a un Montepaschi-pubblic company con un azionariato internazionale. Senza loro, è possibile che la soluzione dei problemi di Siena guardi con maggior forza all'interno del sistema italiano, sempre che ci siano le condizioni per farlo. Una cosa è certa: comunque vada, sempre che la Fondazione riesca a vincere la scommessa di assicurarsi un futuro e il Monte possa evitare la nazionalizzazione, Siena dovrà rinunciare all'idea di esercitare il controllo e anche solo il diritto di veto sulle scelte di Rocca Salimbeni. Quella di sabato scorso è stata con ogni probabilità l'ultima volta.

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