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Questo articolo è stato pubblicato il 12 marzo 2014 alle ore 08:18.
L'ultima modifica è del 12 marzo 2014 alle ore 15:52.

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Via libera della Camera all'Italicum. La riforma della legge elettorale uscita dall'intesa fra il segretario del Pd e premier Matteo Renzi e il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi ha incassato il primo sì in parlamento. I voti favorevoli sono stati 365 (per passare sarebbe bastata una maggioranza di 261 sì), 156 i contrari e 40 gli astenuti. La riforma passa ora all'esame del Senato. Fra i gruppi di maggioranza Scelta civica si è astenuta, fra quelli di opposizione Forza Italia si è espressa a favore. Dopo il via libera, è scattata la contestazione dei Cinque Stelle: hanno esposto manifesti con l'immagine di Renzi e Berlusconi.

Ecco come funziona l'Italicum

Renzi twitta: politica 1 - disfattismo 0
«Grazie alle deputate e ai deputati. Hanno dimostrato che possiamo davvero cambiare l'Italia. Politica 1-Disfattismo 0. Questa #lasvoltabuona», è stato il commento del capo del Governo Renzi su twitter, a pochi minuti dal voto. Sono 13 i deputati del Pd che non erano presenti oggi in Aula al momento del voto sull'Italicum. Assenti "ingiustificati". Tra questi, Enrico Letta e Pippo Civati.

Nuove regole per votare (ma solo per la Camera)
La nuova legge elettorale sarà efficace solo per la Camera dei deputati. Per il Senato, finché non sarà varata la riforma costituzionale che mira al superamento del bicameralismo perfetto, varrà il Consultellum, una sistema elettorale proporzionale puro a una preferenza.

Le novità dell'Italicum
Il testo licenziato in prima lettura da Montecitorio prevede tra l'altro un premio di governabilità del 15% al partito o alla coalizione che otterrà il 37% dei consensi (ma in nessun caso un singolo schieramento potrà superare il 55% dei seggi). Ci sarà un eventuale ballottaggio tra le prime due forze nel caso nessuno raggiungesse la soglia utile per incassare il bonus. Vengono introdotti sbarramenti nazionali del 12% per le coalizioni, del 4,5% per i singoli partiti che le costituiscono e dell'8% per i partiti che scelgono di presentarsi da soli. Le liste saranno bloccate e composte da tre a sei candidati. Un singolo candicato potrà presentarsi fino a un massimo di otto collegi tra i 120 in cui l'Italia sarà suddivisa dal Governo secondo una delega prevista dalla legge stessa (che andrà esercitata entro 45 giorni dal via libera definitivo alla riforma).

Le distanze tra Pd, Fi e Ncd
Dopo la maratona notturna, dunque, in mattinata è ripresa la seduta dell'Aula con le dichiarazioni di voto e il voto finale. Pd, Forza Italia e Ncd hanno annunciato in Aula il voto favorevole. Anche se tutte e tre le forze politiche hanno messo dei paletti, aprendo così la partita delle modifiche al Senato. Il Pd ha sottolineato l'intenzione di riprendere la questione delle norme a tutela della partità di genere in lista. Il capogruppo Roberto Speranza ha avvertito: «Sulla questione di genere c'é bisogno di fare chiarezza, é un problema di civilità e per il Pd questa sarà la priorità assoluta nel nostro passaggio al Senato e non consentiremo che nessun accordo ci fermi. Con questo voto vogliamo dimostrare che facciamo sul serio». Stop di Forza Italia: il deputato Massimo Parisi ha annunciato che a Palazzo Madama «non accetterà altri accordi al ribasso» sul testo. Il Nuovo centrodestra ha chiesto l'introduzione delle preferenze. Insomma, i nodi e le distanze su alcuni punti rimangono.

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